Certe storie sono sfumate dall’inizio. Sembrano vapore acqueo, evanescenti, senza consistenza pur avendo forma. Storie diafane, che a guardarle meglio hai paura che possano sparire. Chissà se anche i cuori hanno battiti leggeri.
Certo, in amore tutto è tumulto, almeno dapprincipio. Eppure, queste storie qui si nutrono del tempo o della lentezza di esso. Appaiono sospese, non hanno fretta di bruciare le tappe, ma nella sostanza vanno veloci. Non si direbbe e non ci avresti scommesso niente. La fine della storia stessa, poi, è ancora più nebulosa. Una delle due parti sparisce senza guardarti negli occhi. Lascia tutto, incomprensioni comprese, a portata di mano portandosi via i silenzi e le sue ragioni. Chi resta, invece, non sa cosa dire e forse quella nebbia che ha fatto da cornice alla storia sin dalle prime battute, sin dai primi sguardi, ne era già l’epilogo. Storie sfumate ed affumicate da qualcosa che è rimasto segreto, intimo, che non si è rivelato.
In Agnes di Peter Stamm vivi la storia tra due ragazzi in punta di piedi, per non disturbare i loro turbamenti. Si parlano attraverso un racconto che lui scrive su di lei. Come coppia consumano pochi dialoghi e macinano molti pensieri in testa. E non si riconoscono più. Lui, scrittore, lascia sulle pagine la forma di una donna che esiste solo nelle sue idee di scrittura e non vede cosa dicono veramente gli occhi della fidanzata, una violoncellista. L’incompatibilità è evanescente come il fumo che esce dai tombini di New York perché a ben vedere è la libertà che si cerca.
Essenziale la scrittura, asciutta. Il lettore aspetta qualcosa che non riesce a prendere. Lo scrittore lo porta con se e gli fa decidere il finale che vuole. Ad ogni lettore una goccia di storia, la sua.
“Agnes” di Peter Stamm, edizioni Beat. Dream Book.