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“Migrantes” di Flavio Bianchini: recensione libro

Denis Avey, in un libro fin troppo conosciuto, racconta di essersi introdotto volontariamente ad Auschwitz. Il fatto è quasi sicuramente un clamoroso falso, a suo tempo denunciato dagli storici inglesi, ma qualcosa di vero c’è, il soldato Avey fa suo l’atto di coraggio che costò la vita a un ufficiale inglese desideroso di verificare, e testimoniare al mondo, le reali proporzioni di quella immane tragedia.

Migrantes di Flavio Bianchini

Stesse motivazioni che hanno spinto Flaviano Bianchini a scartare il jolly rappresentato da un libretto rettangolare di colore anonimo, che tutti ben conosciamo e che prova il fatto che siamo nati nella parte “giusta” del mondo, per diventare Aymar Blanco, peruviano amazzonico di origine basca, e rischiare di lasciare gambe e braccia nelle fauci d’acciaio della Bestia. Origine e nazionalità scelte per rendere plausibile il colore della pelle, e percorrere “inter pares” quella sorta di “ferrovia sotterranea” tanto clandestina quanto poco sotterranea, anzi esposta o ogni sorta d’intemperie, ma, come quella famosa, destinata a strappare individui alla violenza e alla povertà affrontando un percorso fatto di altra violenza e di altra povertà.

Ora, è naturale che le due vicende, nonostante alcune analogie, debbano rimanere su due piani nettamente distinti: chi sale sul tetto di un treno merci spinto da fame e violenza, non può essere messo sullo stesso piano di chi dentro i vagoni fu spinto dalle baionette. Eppure entrambi i drammi hanno indotto uomini a rischiare la vita per documentarli, perché non solo l’abiezione, ma anche il coraggio, si replicano pur nella diversità della misura, di tempo e di luogo.

È possibile che molti siano arrivati, o arriveranno, al libro di Bianchini dopo aver letto “Il sale della terra” di Jeanine Cummins, magari desiderosi di verificare di quanto quella narrazione si discosti dai binari della realtà, o forse in cerca di un approccio politicamente più corretto al dramma dei Migrantes. Sempre che l’operazione di Flaviano, trasformarsi in Aymar Blanco, possa essere ritenuta corretta da quelli che hanno accusato la Cummins sbraitando di appropriazione culturale.

Pur viaggiando su un binario parallelo a quello della Cummins, il libro di Bianchini possiede la forza d’impatto del vero, una forza d’impatto che suggerirei di non sottovalutare mai, e tantomeno farlo in questo caso. “Migrantes”, con un approccio più corretto e meno narrativo, ci consente di scoprire diverse cose. Per esempio che “Le Bestie” sono molteplici e si snodano lungo tre itinerari principali, diversi come lunghezza, come destinazione e come pericolosità, sempre che abbia senso quest’ultima distinzione, visto le migliaia di cadaveri disseminati perfino lungo il percorso ritenuto più facile, quello del deserto scelto da Bianchini. Ci consente di comprendere le differenze tra i migranti, le gerarchie che tra gli ultimi della terra possono pesare ben più che tra i primi, perché, come disse un mio illustre concittadino, se ognuno è ebreo di qualcuno, ai giorni nostri c’è sempre qualcuno che si troverà davanti un muro più lontano e più alto.

Io, nonostante la difficoltà, vi invito a farlo questo terribile viaggio con Flaviano Bianchini, a comprendere il reale significato di parole come sete e fame, freddo e caldo, spazio, paura e disperazione. Un viaggio attraverso l’uomo, un viaggio attraverso un paese dove la distinzione tra chi infrange le legge e chi dovrebbe farla rispettare spesso non è significativa, spesso è ribaltata, ma che è anche il paese delle donne, las patronas, che lavorano instancabili di notte per preparare cibo e acqua da lanciare sui treni che sferragliano, a pochi chilometri l’ora, verso la lotteria del sogno americano.

Per concludere, permettetemi di ringraziare l’amica che mi ha regalato questo imperdibile libro, pubblicato solo in cartaceo, scrivendomi “uno a me e uno a te”. Credo che questa dedica rappresenti perfettamente lo spirito di altruismo e solidarietà che permeano questa narrazione.

Grazie Erica.

Migrantes” di Flavio Bianchini, BFS edizioni. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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