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Here we go again: in Italia si legge sempre di meno, cronaca di un declino annunciato

Ed eccoci di nuovo qui, here we go again, direbbero gli anglofoni. L’ultimo rapporto Aie parla della flessione del mercato del libro in questi primi tre mesi del 2025 (uh, che novità), ed eccolo di nuovo il fantastico mondo dell’editoria che piange per questo declino che, tuttavia, non è propriamente una grande novità, dato che è una flessione che si vedeva arrivare da tempo.

Eppure, al di là dei lamenti e delle montagne di fazzoletti accumulati, non si è ancora fatto nulla (o troppo poco, siamo buoni) per cercare di rimettere in piedi un sistema che da anni, anni sì, è in forte sofferenza. Nessun intervento politico, nessun cambio di rotta, ma sempre le solite strategie di mantenimento e di sopravvivenza che, si sa, tamponano ma non risolvono affatto. Anzi, i risultati dicono proprio il contrario: non funzionano.

Non funziona pubblicare libri estemporanei per racimolare quei quattro spicci utili solo per tirare a campare, non funziona denunciare il malfunzionamento di un settore che, a mio avviso, è estremamente ristagnante, poco aperto alle novità e troppo suddiviso in fazioni in cui ognuno guarda prevalentemente in casa propria ignorando i problemi dell’altro, non funziona battagliare sui social lamentandosi di un sistema che penalizza editori, librerie e lettori senza però offrire alternative valide o, ancora meglio, senza provare a intraprendere nuove strade. È necessario aprire un tavolo di lavoro comune, perché se si vuole provare a risollevare il mondo editoriale serve un’azione congiunta, in cui non ci si deve limitare a guardare il proprio orticello: bisogna avviare un’azione finalizzata a creare collaborazioni trasversali che interessino politica e addetti ai lavori tutti.

Servono politiche che incentivino a leggere, che agevolino il pubblico lettore, anche quello che probabilmente ha più difficoltà ad avere accesso alla lettura, per ragioni economiche o logistiche (quante sono le librerie che stanno scomparendo in Italia?) Al Sud, ad esempio, la situazione è drammatica, data l’assenza di librerie in tanti, troppi, territori.

Servirebbero azioni di tutela delle librerie e di quei presidi culturali che contribuiscono a diffondere libri e cultura, servirebbero azioni di promozione della lettura nelle scuole, in tutti gli ordini, con progetti costruiti ad hoc per studentesse e studenti della primaria, secondaria di 1° e 2° grado: servirebbero incontri non finalizzati essenzialmente a portare a casa la pagnotta quotidiana promuovendo questo o quel libro, ma iniziative strutturali che possano (ri)costruire dal basso l’abitudine alla lettura.

In Italia si legge sempre di meno

Secondo gli ultimi dati (relativi al 2022) è in crescita il numero di giovani che leggono: ecco è esattamente lì che bisogna insistere: è quello lo zoccolo duro da ricostruire per il futuro. Perché è sui giovani che si può lavorare, incentivandoli alla lettura, mentre sui grandi, forse, è oramai troppo tardi.

Basti pensare che “la percentuale di italiani che nei 12 mesi presi in considerazione del 2022 hanno letto almeno un libro raggiunge il 35,4%. Appena un paio di punti sopra la penultima posizione occupata da Nicosia (con il 33,1%) e solo una manciata in più rispetto al minimo UE registrato da Bucarest (29,5%). Guardando al quadro generale dell’Unione, se appare lontana la media europea del 52,8%, sono lontanissimi i massimi di Lussemburgo (75,2%), Danimarca (72,1%) ed Estonia (70,7%)” (fonte: il Sole24ore)

Sarebbe bello anche se le battaglie editoriali fossero condivise, anziché suddivise in base agli interessi: le librerie che chiudono, ad esempio, è un problema comune, anche di quegli editori che spizzicano qualche vendita alle fiere bypassando quei presidi culturali che nel resto dell’anno gli garantiscono fatturato; l’annoso problema della distribuzione deve essere affrontato in modo comune, e non solo da chi ne è effettivamente penalizzato: editori e librerie dovrebbero fare fronte comune, anziché ignorarsi perché non toccati dalle stesse problematiche.

Sarebbe bello vedere un’azione energica e compatta che coinvolga tutti, politica e addetti ai lavori, per dimostrare voglia e lungimiranza, per accantonare definitivamente questa tendenza a differenziare le battaglie lasciandole separate in base agli interessi, ma unendo le forze per trovare soluzioni che, a lungo termine, possano realmente provare a risollevare un settore che da anni ormai continua esclusivamente ad accartocciarsi su se stesso.

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Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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