Libri in pillole

“Abel” di Alessandro Baricco: recensione libro

Polvere da sparo e di terra sabbiosa che si mischiano; morbide fodere in cui sono riposte pistole sempre pronte a essere estratte; la sottile linea, quasi visibile, che separa la vita dalla morte e il valore dell’istante, ovvero l’attimo fuggente che determina l’esito di un duello. È questa l’ambientazione di Abel, ultimo lavoro di Alessandro Baricco, un romanzo western nel quale si finisce con gli stivali ai piedi fin da subito: perché neanche il tempo di entrare nella storia che ecco il primo sparo, il primo colpo, inevitabile, scagliato con una finalità ben precisa.

“Sento una vibrazione, allora sparo. Che ne so, come una vibrazione. Estraggo e sparo. Un minuscolo fremito del mondo, ecco. Dura meno di un istante. Ho imparato a percepirlo da molto piccolo, nelle grandi solitudini dove sono stato prima bambino, poi uomo a undici anni, infine vecchio a diciannove quando mio padre John John tolse il disturbo – lo scannarono direi con noia, andò così – lasciandomi, primo di sei figli, a finire il lavoro. Il lavoro era sopravvivere”.

Sparare, dunque, è la vita di Abel, ragazzino che ha costruito la sua esistenza sulla dritta traiettoria delle pallottole, quasi come fossero indicatori della strada da seguire: pallottole che rassicurano, che proteggono, che regolano e amministrano, pallottole che riparano, uccidono e al contempo lacerano l’anima di chi è alla ricerca di un stato di quiete necessario ma difficile da raggiungere. Ma sono anche pallottole che distanziano, da affetti, da contatti fisici, da amici e donne, fino a quando, però, non capita di incontrarne una infinita come Hallelujah. Ed è da qui che comincia il cammino di redenzione, da una donna sfuggente ma che sa amare e che soprattutto sa esercitare una funzione catartica su un uomo i cui punti di riferimento si stanno logorando con gli anni, col tempo che passa, con la maturità e la sua relativa evoluzione.

“Il fatto è che io per tutta la vita ho sparato. Chi prende la mira crede che il mondo sia attraversato da linee rette. Da un prima e un dopo. Da un qui e un là. Neanche lo crede, lo sa. Uccide lungo quelle linee, al fondo di quelle linee muore. C’è una geometria, tu la senti, lei non ti tradisce”.

Abel è un libro decisamente molto interessante, perché affascina con la sua narrazione costruita da Baricco con uno stile tra il poetico e il pragmatico, con parole che si elevano, si muovono, fluttuano, si riavvicinano e si ricompongono, facendo materializzare davanti agli occhi una storia in cui ci si immedesima rapidamente. Rimane addosso la piacevolissima sensazione di aver letto un libro dalle ambientazioni che appaiono lontane nel tempo, come lo sono i contesti western, ma in versione attualizzata, grazie a una narrazione che affronta tematiche universali come la morte e la rinascita.

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“Abel” di Alessandro Baricco, edizioni Feltrinelli. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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