Dream Book

“Salone salotto salottino” di Annalisa Bari: recensione libro

Voci, non solo nomi. Toni di diverse esperienze, saggezze. Fatti di angoscia, rabbia, solitudine, di insulti ed ipocrisia. Ma c’è anche la dichiarazione di amore di una famiglia del Salento, i Passolungo, che nei suoi palazzi signorili resta l’unica guardiana di segreti soffocati nella metà del ‘900. E sembra di sentirle quelle voci che rimproverano ed appianano l’esuberanza e la riservatezza di chi ha privilegiato una posizione di dignitoso distacco nei confronti della società. Ma che vive di facciata per non essere giudicata in malo modo dalla società stessa.

Questa è la storia di un paesello del Sud: di quelli col centro storico imbiancato di calce, case basse a terrazza e pochi palazzi signorili; con le strade di chianche, i vicoli, le curti, la piazza, la chiesa, il municipio, la scuola elementare, la farmacia e le botteghe artigiane. Tutt’intorno vigne, ulivi, pascoli e grano, case coloniche, muretti a secco e fichidindia.”

L’affermazione della propria identità

Nel romanzo Salone, salotto, salottino di Annalisa Bari si avverte con forza l’affermazione della propria identità che, a volte, è un urlo, uno sguardo nella ricerca costante delle proprie origini. Quelle che la famiglia Passolungo ha taciuto a Veronica che sino all’età di cinque anni non si è mai chiesta perché avesse intorno tanti zii e cugini, ma nemmeno l’ombra di una mamma e di un papà. Lei, che ogni mese cambiava casa per stare dai parenti stretti, sin da bambina assimila le caratteristiche di ognuno di loro per sviluppare, poi, la propria personalità apparentemente docile, ma ribelle e all’avanguardia. Una donna tutta d’un pezzo, diremmo oggi. Una protagonista indomita, per nulla rassegnata, dalle idee innovative, razionale ed istintiva nello stesso tempo, generosa e manipolatrice, che ha una visione della vita allargata, senza confini e pregiudizi. Il suo terreno di crescita lo deve certamente alla matriarca della famiglia Passolungo, nonna Evelina. Una donna di ferro che sapeva parlare soprattutto con gli occhi. Il suo sguardo esprimeva, senza esitazione, benevolenza, disapprovazione, disprezzo, furore e persino odio.

Nonna Evelina faceva sempre di testa sua. Lei era nata per comandare su tutti quelli che le giravano intorno: parenti, serve, contadini, coloni, affittuari e preti. Sì, anche sui preti.”

Una retrospettiva della condizione umana

Salone, salotto, salottino vuol essere anche la retrospettiva della condizione umana. La facciata linda e pulita di chi, invece, ha da nascondere qualcosa. E c’è sempre qualcosa che non si vuol far vedere, conoscere fuori da casa nostra, dalle nostre abitudini, dalla mongolfiera di desideri, dalla nostra mente, l’unico luogo dove nessuno può rubarti nulla.

Le uniche stanze in ordine erano il salone, il salotto e il salottino. Quelle, sì, che dovevano essere sempre lustre e pronte per le visite inaspettate. Il salone, detto anche galleria, col soffitto affrescato, si apriva nelle grandi occasioni: battesimi, nozze, ricorrenze funebri e assemblee familiari. Il salotto, dall’arredamento ridondante, veniva aperto per ricevere una mezza dozzina di ospiti di riguardo, mentre il salottino era adibito ai colloqui tra pochissime persone che si riunivano per conversazioni intime e riservate.”

Il romanzo della scrittrice Annalisa Bari è anche un romanzo di costume e di formazione. Salone, salotto, salottino è un libro coinvolgente, nel quale ogni apparentemente certezza prelude a un nuovo colpo di scena. Dal linguaggio garbato, con delle punte dialettali che vivacizzano uno stile accurato per issarsi su una struttura narrativa dinamica, superando così anche i ritmi lenti di un Sud fatto di bellezza e di affanni.

“Salone salotto salottino” di Annalisa Bari, Edizioni Esperidi. Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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