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Vissi d’arte: Niki de Saint Phalle

Un co-working ante litteram. Quel vicolo nel cuore di Montparnasse era conosciuto semplicemente come “Impasse Ronsin”. Lo scultore Alfred Boucher vi fece costruire prima un padiglione e poi, col legno recuperato dall’Esposizione Universale di Parigi nel 1900, una trentina di atelier. (ecologico, no?)

Tra il 1886 e il 1971 questo cul-de-sac (per dirla alla francese) divenne casa e atelier per circa 220 artisti di tutto il mondo che qui portarono e svilupparono linguaggi, arte, innovazione e creazione attraverso stili e approcci molto diversi. Uno dei primi a stabilirsi a Impasse Ronsin fu lo scultore Constantin Brâncuși (la ricostruzione del suo studio è oggi visibile al Centre Pompidou) al quale seguirono artisti come Eva Aeppli, William Copley, André Almo Del Debbio, Max Ernst, Jasper Johns, Claude e François-Xavier Lalanne, James Metcalf, Isamu Noguchi, Larry Rivers, Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely.

Spara Niki, spara

Proprio qui a Impasse Ronsin nel 1961 Niki de Saint Phalle mette in scena Les Tirs (gli spari), la prima di una serie di dodici rappresentazioni che si svolgeranno tra il 1961 e il 1963 fra Parigi, New York, Stoccolma e Milano e che la lanceranno definitivamente come artista internazionale.Imbracciando un fucile Niki spara alle sue stesse opere, compie un gesto artistico e simbolico: spara idealmente sul padre che abusò di lei all’età di undici anni, sulla società, sul razzismo, sulle guerre.

Niki vestita di bianco, sposa di libertà. Niki che prepara meticolosamente i pannelli, fissando oggetti tridimensionali e sacchetti colmi di colore e poi coprendo tutto con gesso bianco.Niki che spara, strizzando appena quegli occhi enormi, azzurri e splendidi.

I codici dell’arte saltano. Performance, scultura e pittura: con lei il gesto distruttivo diventa gesto creativo. Il quadro sanguina colore nella sua personale messa in scena della morte.

“Ho sparato perché mi faceva piacere.
Perché mi faceva piacere veder la tela sanguinare e morire”.

Imparare a tradurre i sentimenti “Dalla provocazione sono passata a un mondo più interiore, più femminile. Ho iniziato a ritagliarmi quei vari ruoli che le donne hanno nella società”. Inizia una nuova avventura la ricerca di Niki prosegue e moltiplica i punti di vista. L’arte è per lei terapia, necessità. Attraverso l’arte denuncia e comunica. Arte come catarsi. Forse la carriera artistica di Niki de Saint Phalle iniziò ben prima di diventare famosa. Dopo il ricovero in un ospedale psichiatrico di Nizza dove le praticano l’elettroshock, una Niki poco più che ventenne inizia a dipingere incoraggiata dai suoi psichiatri. “Ho iniziato a dipingere tra i pazzi… Ho scoperto lì l’universo oscuro della follia e la sua guarigione, ho imparato a tradurre i miei dipinti in pittura. sentimenti, paure, violenza, speranza e gioia.”

Sue saranno molti anni più tardi le “Mariées” (Spose), enormi e spettrali manichini avvolti di veli e incastonate di fiori artificiali e giocattoli rotti. Sue le stupefacenti, bizzarre, eccessive Nanas. Fertili come arcaiche dee madri, opulenti, sgargianti e visivamente prepotenti.

Nanas, le donne di Niki

Niki colpisce ancora: siamo negli anni ’60 e grandi cose accadono ma spesso le donne sono ancora percepite come oggetti sessuali senza cervello, macchine per la gravidanza. E lei lo grida, a gran voce, con sculture su rete metallica e modellate in resina poliestere.

Quando ci si trova al cospetto delle sculture giganti di Niki de Saint Phalle si rimane colpiti dall’opulenza, dai colori sgargianti e dalle forme che sanciscono orgogliosamente la vittoria del tondo sull’aguzzo. Le sue Nanas, fertili come dee madri, rappresentano con allegra prepotenza una dei fondamenti dell’arte di Niki: Abbasso l’arte per il soggiorno!

Un grido di guerra (artistica, politica, sociale) per un’artista che ha saputo usare l’arte come terapia, oltre che come linguaggio.
Per chi vorrà farsi stordire dalle presenze di Niki consiglio una vista a Garavicchio nella Maremma Toscana, dove c’è il Giardino dei Tarocchi, la sua ultima imponente opera alla quale lavorò dal 1979 al 1998 (durante la realizzazione abitò in una delle sue stesse sculture).

Nelle immagini, due foto che ho scattato: alla stazione di Zurigo, dove l’angelo protettore – 1,2 tonnellate di peso per 11 metri di altezza veglia dal 1997 nel padiglione principale della Stazione Centrale di Zurigo e nel giardino del Museo Jean Tinguely di Basilea dove c’è la sua prima Nana, datata 1966 da titolo Gwendolyn.

I libri

Due fra i tanti libri che celebrano quest’artista:

Psicovita di Niki de Saint Phalle di Marco Ongaro (Historica Edizioni, 2015)

Mon secret (in francese) il libro dedicato alla figlia nel quale Niki trova le parole per raccontare la storia dello stupro subito dal padre. (Editions de La Différence, 1994)


Niki de Saint Phalle, pseudonimo di Catherine-Marie-Agnès Fal de Saint Phalle
(Neuilly-sur-Seine, 29 ottobre 1930 – San Diego, 21 maggio 2002)

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Roberta Frugoni

Copywriter per lavoro e passione. Amante dell'arsenico e vecchi merletti, mangio la pasta solo se è al dente e mi lascio conquistare dalle riletture. Nel tempo libero fotografo e collaudo amache.

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