A Garamond Type

“Ogni prigione è un’isola” di Daria Bignardi: recensione libro

Il nuovo libro di Daria Bignardi si intitola OGNI PRIGIONE È UN’ISOLA (Mondadori) e racconta di come lei per trent’anni abbia frequentato l’ambiente carcerario non perché le piaccia, «al contrario. Ma dentro c’è la quintessenza della vita com’è: dolore, ingiustizia, povertà, amore, malattia, morte, amicizia». Lo ha fatto per lavoro, per volontariato, perfino per motivi affettivi e ora lo racconta in pagine che sono un po’ memoir, un po’ reportage. Ha iniziato a bazzicarlo all’età di 19 anni quando un suo ragazzo era stato “dentro”, poi ha avuto come amico di penna un condannato a morte statunitense, Scotty, la corrispondenza con il quale l’ha seguita nei suoi molti traslochi senza mai essere riletta, forse per paura di ritrovare le parole di allora. O forse per quella di non ritrovarle più. 

«Ogni carcere è un’isola, ogni isola una prigione»

«Ogni carcere è un’isola, ogni isola una prigione» perché la prigione è un mondo a sé,  «ogni istituto è uno Stato a parte, è come un’isola», ha le sue regole dove le cose accadono sempre prima di altrove, soprattutto quelle peggiori. E in un’isola, Linosa, tra mare e vento e sole, sono state scritte queste pagine, nella luce piena quasi per contrapposizione a quella che manca in carcere. Ma è vero che manca? «Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi. È un posto dove tutto è più chiaro».

 

Un po’ memoir, un po’ reportage

Racconta di San Vittore, di Bollate, delle rivolte durante la pandemia che hanno causato 13 morti, di fatti frammisti a riflessioni e ricordi personali, di rapporti intessuti  e di storie del personale e delle persone rinchiuse, che, soprattutto oggi, non sono tanto delinquenti con la D bensì poveri, disgraziati, persone con problemi psichiatrici e di dipendenze che non possono e non devono essere dimenticati.

Racconta della solitudine e dell’isolamento.

Delle donne carcerate che rappresentano solo il 4% dei detenuti totali (circa 60.000) e che si confrontano con un ambiente che non è pensato per loro, che sono quasi sempre abbandonate e che, se hanno figli, provano per loro una sofferenza che quasi le annienta. 

Racconta avvalendosi di tanti riferimenti letterari, tra tutti Goliarda Sapienza e il suo libro “L’università di Rebibbia” (tutte le fonti, preziosissime, sono elencate alla fine del libro).

Un libro necessario

Dobbiamo ringraziare l’autrice per essere riuscita a superare quella resistenza che le impediva di scrivere questo libro che però l’ha ossessionata come sa fare la scrittura finché ha ceduto fino alla sua scarcerazione metaforica; scrive infatti che è «un’ossessione dalla quale non si esce mai, neanche mentre si dorme. E io non voglio stare in carcere per anni, non voglio starci di notte, pensare solo a quello. In carcere si sta male».

Il grazie è soprattutto per averci regalato un libro che pone l’accento sul fatto che oggi più che mai è necessario guardare le cose dal punto di vista collettivo, anche il carcere, che soffre di problemi gravi quali il sovraffollamento, la mancanza di igiene, le strutture inadeguate, la carenza di personale, i suicidi (ben 29 a oggi dall’inizio del 2024).

È per me un libro necessario, politico quanto basta perché fa riflettere anche sul dualismo repressione versus riabilitazione senza toni polemici o schierati. Ma lo fa. E questo è un merito.

PS: mi ha talmente impressionata la “reclusione” casalinga e involontaria in cui Daria Bignardi è incappata e di cui leggerete, che ho acquistato un Apple Watch due giorni dopo aver finito la mia lettura, eh.

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Ogni prigione è un’isola” di Daria BignardiMondadori. A Garamond Type.

Laura Busnelli

Commercialista “pentita”, ho maturato anche un’esperienza pluriennale in Sony. Lettrice appassionata e tuttologa, all’alba dei quarant’anni mi sono scoperta scrittrice, dopo essermi occupata di correzione bozze ed editing. Sono stata una libraia indipendente per tre anni, saltuariamente faccio ancora incontrare libri e lettori con grande gioia. Operatrice culturale, modero spesso eventi e racconto il mondo dei libri anche online, tengo una rubrica su libri a tema animali su RadioBau & Co. (web radio del gruppo Mediaset) e collaboro con l'associazione culturale "Librai in corso" nell’organizzazione di eventi e in corsi a tema. La mia rubrica qui si chiama "A Garamond Type" perché il Garamond è il carattere adottato per quasi tutti i libri italiani e Type sta sia per carattere, font, sia per tizio. E la tizia sarei io.

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