Libri censurati

“Furore” di John Steinbeck e la censura fascista che lo vietò in Italia

Buongiorno e bentornati al nostro appuntamento con i libri che non vorrebbero farci leggere.

Oggi parliamo di un libro che qui nel nostro (bellissimo) gruppo, ho visto e sentito spesso nominare, ossia “Furore” di Steinbeck.

Furore (The Grapes of Wrath) è un romanzo di John Steinbeck. Pubblicato il 14 aprile del 1939 a New York, è considerato il capolavoro dello scrittore statunitense, premio Nobel per la letteratura nel 1962. Bestseller numero 1 nel 1939 e nel 1940 negli USA, vendendo complessivamente 4 milioni e mezzo di copie in edizione rilegata, fruttò all’autore 75.000 dollari dell’epoca. Molti ritengono Furore (premiato appena uscito col National Book Award, nel 1940 col Premio Pulitzer e un American Booksellers Book of the Year Award) il romanzo simbolo della grande depressione americana degli anni ’30.

La stesura del romanzo richiese a Steinbeck solo 5 mesi. Anzi, cento giorni di lavoro pieno, essendo gli altri “giorni dispersivi: amici, distrazioni e pigrizia”. Cominciato il 31 maggio 1938, viene portato a termine con estrema fatica il 26 ottobre dello stesso anno.

Lo spunto e i materiali per il romanzo Steinbeck li trasse da una serie di articoli pubblicati nell’ottobre 1936 nel San Francisco News, per documentare le condizioni di vita di una popolazione che, attratta da offerte di lavoro, a centinaia di migliaia, aveva abbandonato il Midwest per raggiungere la California. Si trattava dei nuovi poveri, bianchi e protestanti, espropriati dalle banche delle loro fattorie, non più redditizie dopo che il cataclisma delle tempeste di polvere (Dust Bowl) aveva disperso l’humus coltivabile.

Poi nacque l’idea di un romanzo di grandi dimensioni, il cui titolo avrebbe dovuto essere The Oklahomans. Il terzo passo fu il progetto di una satira socio-politica, L’affaire Lettuceberg, che fu però abbandonato. Quindi, si arrivò a The Grapes of Wrath.

La trama racconta la storia della famiglia Joad, costretta ad abbandonare la propria fattoria in Oklahoma e a spostarsi verso la California. Tom Joad, dopo aver scontato 4 anni di carcere torna a casa e decide di portare via da quella condizione di povertà la propria famiglia.

Si mette così in viaggio sulla Route 66 con la mamma, la matriarca della famiglia, e Al. A questo gruppo di persone si aggiungono altri membri della famiglia: una giovane sposa Rosa Tea, in attesa di un bambino, e suo marito Connie, il fratello Noè, la sorellina Ruth e un predicatore di nome Casy, che resta tutto il giorno a filosofare con la testa tra le nuvole.

Una volta arrivati in California capiscono che non è il luogo che essi hanno sempre sognato: si prospetta avanti a loro una dura realtà.

Bene, ora che abbiamo fatto una piccola panoramica di quest’opera, immagino vi starete chiedendo anche voi: “che cosa mai ci sarà da censurare in questo libro?”.

Beh, secondo voi avrei scritto un articolo se non ci fosse stato nulla da censurare?

Secondo voi la censura ha bisogno di validi motivi per essere messa in atto?

Ovviamente no, ma cerchiamo di capire meglio cosa abbia dato fastidio di questo libro.

Intanto parliamo della censura in Patria perché Furore venne censurato negli Stati Uniti proprio l’anno in cui uscì con la motivazione che, la descrizione delle condizioni di povertà della famiglia protagonista era troppo cruda e ciò avrebbe potuto urtare l’opinione pubblica americana.

Ma questo libro non ebbe vita facile nemmeno qui da noi, almeno fino al 2013, grazie al fascismo.

Quando il libro uscì negli Usa, nel 1939, abbiamo visto che venne ampiamente criticato e nonostante questo Bompiani fece la coraggiosa scelta di tradurlo e pubblicarlo anche in Italia. Ma il testo fu colpito dalla censura fascista e solo nel 2013, dopo più di 70 anni, vede la luce la prima edizione integrale nella nuova traduzione di Sergio Claudio Perroni. La nuova versione Bompiani è basata sul testo inglese della Centennial Edition che restituisce ai lettori la forza e la modernità della scrittura del Premio Nobel per la letteratura 1962. Finora l’unica versione italiana era quella tradotta nel 1940 da Carlo Coardi. Il testo tradotto – rimaneggiato e aggiustato successivamente – risentì sempre pesantemente dei tagli imposti dalla censura fascista del Ministero della Cultura Popolare. A influire notevolmente, oltre ai motivi politici contingenti, furono le convenzioni letterarie dell’epoca che non seguivano rigide teorie di fedeltà, in un periodo in cui la traduzione non era sistematizzata, ma si permettevano rifacimenti.

La forma doveva essere innalzata a letteraria perché il pubblico dei lettori italiani dell’epoca era quasi del tutto estraneo alla cultura americana: l’inglese «scorretto» del testo originale non aveva corrispondenze in un italiano colloquiale, al cui posto venivano usati i vari dialetti. Da noi Elio Vittorini ebbe modo di segnalare il libro all’editore Valentino Bompiani, cui si deve la felice intuizione del titolo italiano e il testo fu tradotto in pochi mesi. Arrivò in libreria già nel gennaio del 1940. Il governo italiano stava per invadere la Francia e, tanto per i fascisti quanto per gli antifascisti, «Furore» apparve come una dichiarazione di guerra.

I censori vi ravvisarono un attacco alle demoplutocrazie borghesi che Mussolini appoggiato alla balaustra di Palazzo Venezia denunciava da tempo come nemiche del popolo e gli permisero di «passare». Mentre a sinistra i lettori lo accolsero come l’offensiva di un compagno di strada contro le ingiustizie perpetrate dai padroni a danno dei lavoratori. Gli uni e gli altri non è detto che colpissero nel segno, ma quel che conta è che il libro potè essere venduto, sia pure con qualche taglio e diverse cicatrici, perché, secondo le autorità del regime, serviva a diffondere l’immagine di un’America violenta e barbarica. Primitiva. Un perfetto esempio a sostegno della propaganda fascista. Nell’odissea della famiglia Joad sfrattata dalla sua casa e dalla sua terra, in penosa marcia verso la California, lungo la Route 66 come migliaia e migliaia di americani, rivive la trasformazione di un’intera nazione. L’impatto amaro con la terra promessa dove la manodopera è sfruttata e mal pagata, dove ciascuno porta con sé la propria miseria «come un marchio d’infamia». Al tempo stesso romanzo di viaggio e ritratto epico della lotta dell’uomo contro l’ingiustizia, «Furore» è forse il più americano dei classici americani. John Ford ne trasse subito un film con Jane Darwell nella parte della madre e il giovane Henry Fonda come Tom Joad. Lo stesso uomo perseguitato dal destino che torna nelle canzoni di Woody Guthrie e Bruce Springsteen. Il fantasma di Tom Joad.

Detto ciò, quando vi ritroverete tra le mani una copia di questo libro tradotto dall’originale e senza tagli e censure, pensate di essere di fronte ad un lavoro di editoria conclusosi solo da poco.

Vi ringrazio ancora dell’attenzione e di avermi letta di nuovo. Buona giornata e buona settimana a tutti.

Libri Censurati, una rubrica a cura di Donatella Maina Gioia su The BookAdvisor.

Redazione

Redazione della pagina web www.thebookadvisor.it

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