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“La speculazione edilizia” di Italo Calvino: recensione libro

C’è un aspetto della scrittura di Italo Calvino che riesce sempre a sorprendermi: è la sua abilità a essere essenziale, chirurgico, estremamente preciso nel raccontare la società italiana compresa nel quarantennio tra il 1945 e il 1985. Perché leggere Calvino significa dismettere gli abiti moderni, tornare indietro nel tempo e vivere le criticità che ha sperimentato il Paese dalla Seconda Guerra mondiale in poi, sia dal punto di vista politico che sociale, culturale ed economico.

Con La speculazione edilizia, scritto nel 1957, Italo Calvino si concentra nello specifico su come l’Italia, che fino a pochi anni prima era stata impegnata a lottare contro il fascismo, si è ritrovata rapidamente a cambiare pelle, per presentarsi in orario all’appuntamento con la modernizzazione e sfruttare a proprio vantaggio il successivo boom economico.

Un panorama sociale, pertanto, profondamente diverso rispetto a quello delle decadi precedenti, sul quale inizia ad affacciarsi un nuovo ceto medioborghese composto da piccoli imprenditori, investitori e speculatori: gente scaltra, pragmatica, affarista e arrivista, che modifica economicamente, culturalmente e moralmente il tessuto sociale del Paese. È il momento, infatti, in cui comincia a diffondersi il consumismo, che porta con sé una profonda crisi di valori: il profitto diventa centrale nei pensieri della medio borghesia, contagiata da una nuova corsa all’oro, sul quale è necessario mettere le mani a qualsiasi costo.

Quinto, il protagonista del breve romanzo, diventa così l’emblema dell’altra medio borghesia, quella rimasta a osservare l’evoluzione della storia, quella che si è risvegliata talmente stanca e disorientata dai recenti eventi bellici da lasciarsi convincere ad abbandonare la strada delle lotte politiche per farsi travolgere dalla nuova ondata di speculazioni. Perché con i tempi sono cambiate anche esigenze e priorità: l’impellenza è approfittare dei cambiamenti in atto, per tentare di elevare in ogni modo la propria condizione sociale.

“Quinto rincasò d’umor nero. Non solo l’inquietava il non essere riuscito ancora a farsi pagare, ma anche l’aver scoperto in Caisotti un antico compagno di lotte. Bella curva aveva fatto la società italiana! esclamava tra sé. Due partigiani, un paesano e uno studente, due che s’erano ribellati insieme con l’idea che l’Italia fosse tutta da rifare; e adesso eccoli lì, cosa sono diventati, due che accettano il mondo com’è, che tirano ai quattrini, e senza più nemmeno le virtù della borghesia di una volta, due pasticcioni dell’edilizia, e non per caso sono diventati soci d’affari, e naturalmente cercano di sopraffarsi a vicenda”.

Ci ritroviamo, così, davanti a un ex partigiano che si improvvisa speculatore e al suo goffo tentativo di districarsi tra imprenditori disonesti e mediocri professionisti, tra abusivismo e interessi personali, tra corruzione e pressapochismo, mentre sullo sfondo continuano a essere riversate sempre più ingenti colate di cemento, che contribuiscono a ingrigire il paesaggio urbano ma anche quello umano: è inevitabile il fallimento economico e morale, che restituisce, di conseguenza, un forte senso di inadeguatezza.

Scritto con uno stile asciutto e diretto, in cui non manca anche un leggero velo di ironia, La speculazione edilizia è un libro decisamente ancora attuale, che offre una visione spietata e malinconica di un’Italia rimasta accecata dal luccichio del boom economico, tanto da sbarazzarsi con troppa facilità delle virtù morali sulle quali era stata ricostruita la società del dopo guerra. Un romanzo che racconta, dunque, il momento esatto in cui il Paese iniziò a sprofondare nelle sabbie mobili della mediocrità sociale, professionale e culturale.

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“La speculazione edilizia” di Italo Calvino, edizioni Mondadori. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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