Centenario Italo Calvino

Italo Calvino, il centenario e la libroterapia

Se partiamo dall’assunto che ogni testo scritto avrà almeno un lettore come corrisposto, possiamo anche arrivare a immaginare che per ogni testo di Italo Calvino vi sia almeno un lettore che riuscirà a trarne il massimo beneficio.

Sorvolando sulla sua biografia, già pienamente condivisa nel corso dei tempi, partiamo da un articolo correlato di video che pubblicai qualche anno fa su un testo edito Aguaplano, di Giovanni Falaschi, intitolato Lunga fedeltà a Italo Calvino. Una raccolta di lettere tra uno dei più grandi scrittori italiani e Falaschi, all’epoca giovanissimo alunno, per così dire. L’epistola, seppur apparentemente fredda, è uno strumento che ci permette di sperimentare uno slancio di empatia.

U. Mulas, Italo Calvino nel box della scrittura, mostra Olivetti formes et recherche, Parigi, Musée des Arts Décoratifs, 20 novembre 1969 – 1 gennaio 1970, Associazione Archivio Storico Olivetti, Ivrea.

Con cosa iniziare

Ecco, questa domanda sorge spesso spontanea a chi si approccia per la prima volta agli scritti di Italo Calvino ed è una domanda alla quale rispondo sempre così:

Per cosa vuoi leggere Calvino? Per viaggiare, per sentirti, ascoltarti, per imparare a comunicare?

Perché vedete, cari lettori, ogni storia ha una o più funzioni. Tutto dipende da cosa cerchi. Per esempio, partiamo da Le città invisibili e i suoi colori, di cui ci ha parlato Angela Finelli qui. Di una stessa città è possibile trovare più immagini, una diversa dall’altra. Questo perché ogni luogo raccontato da Marco Polo è visto con occhi che non sono gli stessi con cui lo vede Kublai Kan. Ogni città si adatta a una nostra piccola storia, a un momento o un’emozione. Prendiamo per esempio Ottavia, che è una delle mie preferite.

Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città-ragnatela. C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c’è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s’intravede più in basso il fondo del burrone.

Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d’essere sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d’acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo.
Sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.

Una città impossibile. Eppure così reale se il punto di vista si sposta non su ciò che è nelle parole di Polo, ma su ciò che può essere nella nostra vita, in quel momento preciso. Ottavia è anche chi resta sapendo che il tempo non è infinito. Chi vive sotto al ponte sospeso fatto di legami e relazioni, hai piedi che puntano al vuoto del burrone.

Descritta così, vi suona più familiare?

Così si potesse dimezzare ogni cosa intera, così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, e te l’auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani.

Il visconte dimezzato, Italo Calvino

La frenetica ricerca

Italo Calvino, pubblicò la prima edizione de Il visconte dimezzato senza preoccuparsi di doverlo spiegare. Esaurite le copie, Einaudi propose una nuova stampa di quella stessa edizione che includeva una lettera al lettore, un foglietto illustrativo per così dire.

Agli studenti che lo incontrarono nel 1983, disse

Quando ho cominciato a scrivere Il visconte dimezzato, volevo soprattutto scrivere una storia divertente per divertire me stesso, e possibilmente per divertire gli altri; avevo questa immagine di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo tema fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra. Per fare questo ho cercato di mettere su una storia che stesse in piedi, che avesse una simmetria, un ritmo nello stesso tempo da racconto di avventura, ma anche quasi da balletto. Il modo per differenziare le due metà mi è sembrato che quella di farne una cattiva e l’altra buona fosse quella che creasse il massimo contrasto. Il  divertimento, è molto importante; credo che il divertire sia una funzione sociale, corrisponde alla mia morale! Penso sempre al lettore che si deve sorbire tutte queste pagine, bisogna che si diverta, bisogna che abbia anche una gratificazione; questa è la mia morale: uno ha comprato il libro, ha pagato dei soldi, ci investe del suo tempo, si deve divertire. Non sono solo io a pensarla così, ad esempio anche uno scrittore molto attento ai contenuti come Bertolt Brecht diceva che la prima funzione sociale di un’opera teatrale era il divertimento.

Tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra. Medardo di Terralba non è più solo un visconte dimezzato da una palla di cannone mentre combatte una guerra contro i Turchi, diventa il nostro specchio, nostro e di tutte le persone che si sentono in bilico, che sono costrette a scegliere quale delle due parti di sé coltivare e portare avanti ma anche lo specchio di chi quella scelta non osa farla.

Così passavano i giorni a Terralba, e i nostri sentimenti si facevano incolori e ottusi, poiché ci sentivamo come perduti tra malvagità e virtù ugualmente disumane. 

Presa di coscienza

Quando scegliete di aprire Il castello dei destini incrociati, provate a pensare che per un attimo Calvino pensò di mollare tutto: un progetto complesso, un’idea intricata e troppo grande perfino da pensare. Invece riuscì nel suo intento e nella prefazione del romanzo lo esprime chiaramente

Intorno, bastava lasciare che prendessero forma altre storie che s’incrociavano tra loro, e ottenni così una specie di cruciverba fatto di figure anziché di lettere, in cui per di più ogni sequenza si può leggere nei due sensi.

Cavallo di spade, mazzo visconteo

Forse questo può essere considerato come un primo approccio, magari sgangherato e casuale, allo studio e all’applicazione della libroterapia. Perché pensateci un attimo, fermatevi a riflettere: una serie di carte con delle illustrazioni dalle quali ognuno trae la sua storia. Le stesse carte, le stesse immagini e un numero finito di elementi le cui combinazioni si moltiplicano a miliardo di miliardi.

C’è un modo colpevole di abitare la città: accettare le condizioni della bestia feroce dandogli in pasto i nostri figli. C’è un modo colpevole di abitare la solitudine: credersi tranquillo perché la bestia feroce è resa inoffensiva da una spina nella zampa. L’eroe della storia è colui che nella città punta la lancia nella gola del drago, e nella solitudine tiene con sé il leone nel pieno delle sue forze, accettandolo come custode e genio domestico, ma senza nascondersi la sua natura di belva.

Una storia, questa, che ci lascia tanto a partire dall’impresa complessa di imparare ad accogliere la diversità. Siamo fatti delle stesse carte, siamo tutti partiti per un viaggio e approdati in questa rudimentale taverna, cosa ci impedisce allora di accettare una storia diversa? Proseguendo nella lettura Calvino ci ricorda una grande e importante verità: la bellezza del silenzio, il valore delle parole. Possiamo scegliere di restare in silenzio, di ascoltare un’altra voce, un’altra storia e di sfruttare quest’occasione per provare a capire il mondo, come l’epifania avuta da Orlando

Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all’incontrario. Tutto è chiaro.

A questo punto, dopo questo articolo che si muove toccando solo alcuni dei punti delle storie di Italo Calvino, chiedetevi perché volete leggerlo e soprattutto cosa avete bisogno di leggere, in questo momento. Buona scoperta!

Ylenia Del Giudice

Classe '89, romana. Libraia per vocazione, leggo scrivo leggo ancora e parlo di libroterapia

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