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“Annalena” di Annalena Benini: recensione libro

Annalena Tonelli, la missionaria laica di Forlì, di cui l’omonima giornalista e scrittrice Annalena Benini scrive nel suo ultimo, incantevole, libro edito da Einaudi, forse non è mai caduta nel pozzo oscuro in cui secondo Natalia Ginzburg le donne cadono ogni tanto. Non lo ha fatto perché è stata una donna grandissima, animata da uno slancio totalizzante di amore, non aveva né tempo, né cuore per quella sofferenza più o meno leggera che provano tutte. O, se ci è caduta, è stato per un attimo soltanto, quello in cui si è chiesta «E se morissi oggi? E se morissi senza avere amato di più?».

Non è cambiato niente, o forse è cambiato tutto. Ma l’amore no

Dal pozzo invece io ho letto questo libro, ho letto le parole e i pensieri delle due Annalene, quelli delle altre coraggiose donne del Novecento che fanno incursione nelle sue pagine: Etty Hillesum, Simone Weil, Emily Dickinson, Virginia Woolf, Hannah Arendt che, con Annalena Tonelli, «hanno mostrato l’universale e il passaggio segreto (condividendo il segreto con tutti) verso qualcos’altro. Una vocazione, l’umanità, la poesia, la costruzione del talento», la costruzione di un mondo nuovo, senza fretta, insieme anche se distanti.

Le ho lette tutte. Non è cambiato niente, o forse è cambiato tutto. Ma l’amore no.

Una grandezza insopportabile

Durante il suo ricovero in ospedale durato ben ventinove giorni per una polmonite, un’infermiera bionda romagnola nota che la malata si chiama come Annalena Tonelli, che da Forlì nel 1968 dopo la laurea in Giurisprudenza va in Africa per prendersi cura dei diseredati, quei “brandelli di umanità ferita” dei quali ha da sempre sentito la vocazione di occuparsi.

Lo ha fatto non per sacrificio ma con uno slancio incendiario di amore reale e totalizzante, per farli rifiorire, uno per volta. Uno slancio che le ha permesso di creare ospedali, scuole, grandi imprese. Da sola, senza protezione. Uno slancio che le è costato la vita: nel 2003 è stata uccisa da un colpo di fucile in Somalia perché una donna bianca, non sposata, sola, un’irregolare che aveva potere ha fatto molta paura, la sua grandezza è stata insopportabile.

La scossa che lascia intravedere l’assoluto

Bingo: le due sono cugine di terzo grado, Annalena Benini conosce bene la storia della sua omonima, prende a leggere le sue lettere, ha tempo perché è in convalescenza, vuole conoscerla senza averla mai incontrata: oltre al buco nel polmone per fare uscire l’acqua, in lei si apre una fessura metaforica da cui entra la scossa che le ridà vita, che le impone di raccontarla nonostante non volesse che si parlasse di lei, «estrema, libera, radicale e materna».

Scrivere per capire

Annalena Benini per capire deve scrivere, lo so perché la conosco. «Ci sono cose a cui non riesco ad arrivare con il pensiero, e non voglio, anche perché adesso so che il pensiero non basta per tutto. Per questo è meglio scrivere».

 

È stata anche la mia insegnante in un corso molto, molto bello di “Giornalismo culturale e narrativo”, è grazie a lei se ho imparato a scrivere recensioni con la mia voce, se ho imparato a individuare e ascoltare la voce di chi scrive un libro.

E con questo libro, che è un po’ memoir, un po’ saggio, un po’ romanzo, lei ha cercato di entrare nel senso di una vita che non è la sua e non la sarà mai. Lo ha fatto da distante e per esclusione con il suo mondo quotidiano egoista, terreno, inadeguato rispetto alla grandezza della Tonelli, utilizzando anche la genealogia del suo lessico familiare, in modo auto-ironico e a tratti comico.

«Io sono rimasta folgorata da Annalena, come chiunque l’abbia incontrata, come le persone che l’hanno vista all’opera, come chi ha cercato di studiare il suo pensiero. Ma sono rimasta io. Lei mi avrebbe considerata un’immane perdita di tempo».

E adesso dove andrai, Annalena?

Non una perdita di tempo per noi lettori, perché grazie a questo libro disubbidiente abbiamo incontrato questa donna, ne abbiamo ricevuto quella carezza che lei sempre ha riservato agli ultimi, ne abbiamo solo sfiorato, perché troppo piccoli, il pensiero radicale in cerca di assoluto.

«Non tutti viviamo fino in fondo la vita che vorremmo, ma la sopportiamo non essendo capaci di cambiarla, non volendo davvero cambiarla. Annalena ha sopportato pesi giganteschi, ma mai nemmeno un minuto di una vita per lei insopportabile. Per farlo, ripeteva spesso, si è liberata di sé stessa. Ha speso sé stessa fino a liberarsene. E in quel preciso momento ha affermato sé stessa in un modo assoluto che nessuno ha potuto scalfire.»

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Annalena” di Annalena BeniniEinaudi editore. A Garamond Type.

Laura Busnelli

Commercialista “pentita”, ho maturato anche un’esperienza pluriennale in Sony. Lettrice appassionata e tuttologa, all’alba dei quarant’anni mi sono scoperta scrittrice, dopo essermi occupata di correzione bozze ed editing. Sono stata una libraia indipendente per tre anni, saltuariamente faccio ancora incontrare libri e lettori con grande gioia. Operatrice culturale, modero spesso eventi e racconto il mondo dei libri anche online, tengo una rubrica su libri a tema animali su RadioBau & Co. (web radio del gruppo Mediaset) e collaboro con l'associazione culturale "Librai in corso" nell’organizzazione di eventi e in corsi a tema. La mia rubrica qui si chiama "A Garamond Type" perché il Garamond è il carattere adottato per quasi tutti i libri italiani e Type sta sia per carattere, font, sia per tizio. E la tizia sarei io.

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