Libri in pillole

“Hotel Atlántico” di Joao Gilberto Noll: recensione libro

Èun viaggio nell’inquietudine quello di Hotel Atlántico, romanzo dello scrittore brasiliano Joao Gilberto Noll. Una peregrinazione che inizia da una impersonale stanza di hotel e prosegue attraverso luoghi sconosciuti e anonimi del Brasile, come anonimo è il protagonista della narrazione.

“Sono vecchio, pensai. Quarant’anni appena compiuti, un vecchio. Andarmene in giro è una follia. Le gambe deboli. Il cuore che batte impazzito, lo so. E questa postura reumatica… Lì, immobile all’uscita dell’hotel, mi vennero le vertigini. Avevo la vista annebbiata, mi mancava l’aria… Ma dovevo andarmene: scesi l’ultimo gradino e mi appoggiai alla facciata dell’edificio. Come ogni mattina, passava tanta gente per avenida de Nossa Senhora de Copacabana, qualcuno mi sfiorava, mi urtava senza volere, qualcuno tossiva. Mi vidi sul punto di svenire, ma mi rifiutavo di chiedere aiuto. Chiedere aiuto significava restare, e io dovevo andarmene”.

Sappiamo poco di lui: è un ex attore televisivo, ma non conosciamo il suo nome. Scopriamo però, pagina dopo pagina, che ha un’impellente necessità: quella di muoversi, camminare, cambiare luogo, limitare al massimo le sue interazioni sociali, in una sorta di fuga da se stesso e da tutto ciò che lo circonda. E non importa da cosa stia fuggendo, se sta fuggendo, né cosa stia cercando, se qualcosa sta cercando: il motore che anima il suo vagabondare è alimentato dal turbamento esistenziale, dall’impossibilità di rimanere inerme davanti al senso di vuoto che ha intorno a sé. Sofferente, ma senza scadere nel patetico, la sua diventa una ricerca costante, in cui il vero e unico oggetto del desiderio è il movimento continuo, caotico, senza meta, ma vitale, perché muoversi è sinonimo di vita.

“Quel giorno andava affrontato diversamente. Ma io non sapevo come”.

Ed è un on the road casuale il suo, fatto di incontri casuali, di brevi relazioni costruite in modo casuale, nessuna delle quali però riesce a distoglierlo dalla sua fuga togliendogli di dosso quella insoddisfazione che lo costringe a proseguire il cammino. Ma una presenza costante c’è: è quella della morte, che lo incrocia lungo le strade che percorre, lo sfiora, lo accarezza, quasi lo saluta, ammiccandogli. Non è una morte con le tipiche sembianze macabre, oscure, terrificanti: è una morte tratteggiata con pennellate semplici, naturali, come fosse un familiare promemoria utile a ricordare che niente su questa terra dura in eterno. Nemmeno i peggiori stati di inquietudine.

“Hotel Atlántico” di Joao Gilberto Nol, edizioni Arcoiris. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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