L’isola dove volano le femmine. Quando il reale sfuma in un allucinato immaginario
Meravigliosa storia ambientata nell’Alicudi di inizio Novecento, tra fame, povertà e racconti fantastici

Luminoso romanzo d’esordio di Marta Lamalfa, L’isola dove volano le femmine è una storia ambientata nel 1903 sull’isola siciliana di Alicudi. Qui vive Caterina, quindici anni, insieme alla sua numerosa e poverissima famiglia. La narrazione si apre sulla pittoresca scena della veglia funebre al corpo di Maria, gemella di Caterina. China sul suo feretro, la madre le sussurra all’orecchio le parole da riportare ai parenti morti. Accanto a lei il marito, chiuso nel suo dolore, e, impietriti, i nonni, i bisnonni e gli altri due figli.
Caterina fissa sgomenta il corpo immobile della gemella come se vedesse se stessa, prima che l’ingresso di Ferdinando, il giovane accusato di aver provocato la scomparsa della ragazza, porti lo scompiglio tra i presenti, descritto con una pennellata straordinaria: “c’è chi continua a guardarsi le mani a testa bassa, e chi si dimentica della morte e guarda fuori la vita tirarsi per i capelli”.
IL SOGNO DELLE MAJARE
Soggiogata dal tormento della fame, dal durissimo lavoro nei campi che non risparmia nemmeno i bambini, e dalle soffocanti limitazioni che regolano la vita delle donne, Caterina sogna un altrove che la renda libera come le majare, le streghe di cui le parla sempre la nonna, raccontandole dei loro riti e della loro capacità di prendere il volo. Essere come loro, donne libere e al di sopra del giudizio feroce degli abitanti dell’isola, diventa per Caterina l’unico desiderio in grado di sollevarla dal giogo di un’esistenza annichilente. E quando scioglie i capelli dalla strettissima treccia che insieme ai capelli tiene stretti anche i dolori, Caterina prega che le majare vengano a prenderla per portarla con loro. In questo immobile presente fatto di stenti, persino l’animo rassegnato del padre si aprirà alla speranza fallace del cambiamento, quando cederà, invano, alle sirene ammaliatrici della rivoluzione.
I DESIDERI INTINTI NELLE ALLUCINAZIONI

La fantasia di Caterina è accesa dai racconti del bisnonno, che tutti considerano un po’ folle, e che dice di vedere strane figure aggirarsi per i campi. A un certo punto, ai suoi racconti si intrecciano quelli di altri arcudari che riferiscono di bizzarre presenze e insoliti fenomeni. In un’atmosfera sospesa e surreale, le loro storie sfumano nelle vicende reali, creando un paesaggio narrativo di grande suggestione.
L’isola dove volano le femmine di Marta Lamalfa prende spunto da fatti realmente accaduti: in quel periodo di estrema carestia, infatti, ad Alicudi gli abitanti iniziarono a produrre il pane con un particolare tipo di segale che solo decenni dopo si scoprì essere contaminata da un fungo con proprietà allucinogene. Fu allora che la Chiesa ne vietò l’utilizzo, definendolo “pane del diavolo”.
La penna di Marta Lamalfa possiede padronanza di lingua e di trama, dando vita a una narrazione meravigliosa, lirica e spietata al tempo stesso, in grado di descrivere con forte realismo le durissime condizioni di vita degli isolani del tempo e, insieme, il desiderio, intinto nelle allucinazioni, di una vita altra, capace di volare sopra le umane miserie.
IL VINO
Il vino in abbinamento è una Malvasia delle Lipari DOC, vino di ammaliante dolcezza, caldo e avvolgente come le fantasie di Caterina.
LE CITAZIONI

“E il suono della banda […] è una cosa che ti esplode in tutto il corpo, ti toglie i pensieri e la fame e la miseria. E ti abbraccia come la mamma da piccolo. E ti ride. Quello è il giorno della vita sua più bello”.
“Fa tanta paura, le prime volte, il mare. Poi fa sempre paura, ma un po’ meno. Finché non ti porti la paura anche a terra e diventa normale”.
L’isola dove volano le femmine, Marta Lamalfa, Neri Pozza, a cura di Sopra le righe.