Sopra le righe

Gli uccelli, Daphne du Maurier: il terrore assoluto quando la natura insorge.

Uno straordinario racconto da una scrittrice maestra di tensione.

Immaginate una fredda giornata di dicembre, l’aria porta alle narici sentore di neve, le temperature si abbassano e i folti stormi degli uccelli migratori oscurano il cielo con il loro passaggio, come avviene ogni anno in questo periodo. Ma questa volta c’è qualcosa di diverso. Un senso di inquietudine serpeggia nell’aria, un freddo insolito avvolge la piccola cittadina americana posta sulla baia, dove gli abitanti si conoscono tutti e il lavoro dei campi è governato dal ritmo delle stagioni e dal movimento delle maree.

A Nat Hocken, protagonista del racconto, gli uccelli sembrano più numerosi e più agitati del solito. Quando iniziano a beccare contro le finestre e le porte della casa in cui vive con la moglie e i due figli, lui prova a scacciarli, ma gli uccelli lo attaccano. Interdetto, Nat attribuisce lo strano comportamento degli animali al freddo. Per un attimo, tuttavia, gli sembra quasi che gli uccelli si riuniscano in stormi compositi: allodole, taccole, gabbiani, rapaci. Ma Nat sa che questo, in natura, è impossibile.

Da “Gli uccelli” di Daphne du Maurier fu tratto il celebre film di Hitchcock

Ed è proprio l’impossibile a prendere forma in questa narrazione perfetta, quando gli uccelli sovvertono l’ordine del creato e, riunendosi in migliaia di stormi, iniziano ad attaccare l’essere umano.

In questo celebre racconto di Daphne du Maurier, dal quale Hitchcock ha liberamente tratto, nel 1963, uno dei capolavori della sua filmografia (un film che non smetterei mai di rivedere, ancora, ancora e ancora),  la tensione cresce lentamente, disponendosi in un grande mosaico nel quale a poco a poco si aggiunge, un tassello alla volta, un elemento di angoscia.

Daphne du Maurier è una scrittrice straordinaria (tutti conoscono Rebecca, altra sua celebre opera che ha ispirato il regista inglese), maestra della tensione e con una rara capacità di delineare la paura con pochi tratti di penna: una lieve incrinatura nelle cose di tutti i giorni, un piccolo sfasamento nell’ordine delle cose quotidiane e il terrore sale.

Quando il quotidiano diventa mostruoso

Il comportamento degli uccelli non ha una spiegazione e questo rende il terrore assoluto: l’uomo è all’improvviso inerme di fronte alla natura che si ribella, non sa perché e non sa come difendersi. E’ così che prende forma una delle paure più ataviche e terribili: cosa succederebbe se la natura, all’improvviso, insorgesse?

Nel film di Hitchcock, molto diverso dal racconto, il comportamento degli uccelli sembra spezzare la disfunzionalità delle relazioni tra i protagonisti (il rapporto morboso madre-figlio, le carenze affettive di Tippi Hedren, l’amore impossibile della maestra verso Mitch), la narrazione della du Maurier, invece, non offre nessuna chiave di lettura, rendendo ancora più assoluto il panico. Gli uccelli non ripristinano equilibri interrotti, non si sa perché attacchino, non si sa se gli attacchi riguardino altri Paesi e non si sa se smetteranno mai di farlo.

Se volete apprezzare le straordinarie doti narrative di questa scrittrice, amatissima, tra l’altro, da Stephen King, non perdetevi anche gli altri racconti presenti nel volume.

Incredibile la tensione che Daphne du Maurier riesce a creare da situazioni quotidiane apparentemente normali ma che, come uno specchio che d’un tratto si scheggia, riflettono una realtà improvvisamente e irrimediabilmente mutata.

Giù il cappello.

IL VINO

Il vino in abbinamento è un Amarone della Valpolicella DOCG, grande e corposo rosso nato “per sbaglio”. Si racconta, infatti, che una bottiglia di Recioto (vino dolce) dimenticata in cantina si sia trasformata in un vino amaro e corposo: l’Amarone.

LE CITAZIONI

Daphne du Maurier

“Il tre di dicembre durante la notte il vento cambiò e fu inverno. Fino a quel giorno l’autunno era stato mite, dolcissimo. Sugli alberi c’erano ancora le foglie, di un rosso dorato, le siepi erano ancora verdi. Dove l’aratro l’aveva rivoltata, la terra era ricca.
Nat Hocken, a causa di un’invalidità contratta in guerra, godeva di una pensione e non lavorava a pieno tempo alla fattoria. Solo tre giorni alla settimana, e con incarichi poco gravosi: potare le siepi, coprire di paglia i tetti, eseguire riparazioni agli edifici della fattoria”.

L’irrequieta sollecitazione dell’autunno, esasperante e triste, aveva gettato un incantesimo su di loro e li obbligava ad aggregarsi, volteggiare, gridare: dovevano ubriacarsi di moto prima che arrivasse l’inverno. Forse, pensava Nat masticando rumorosamente il suo pasticcio sull’orlo della scogliera, in autunno gli uccelli ricevono un messaggio, una specie di avvertimento: l’inverno sta arrivando. Molti muoiono e si comportano come le persone che, timorose di una morte prematura, si buttano nel lavoro o impazziscono.

Gli uccelli” di Daphne du Maurier, Il Saggiatore, a cura di Sopra le righe.

Michela Bilotta

Sono nata a Salerno e vivo da oltre dieci anni a Bruxelles, dove mi occupo di comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista dal 2007 e sommelier professionista, ho maturato un’esperienza ventennale come direttrice creativa, editor e addetta stampa per case editrici, agenzie pubblicitarie, testate giornalistiche, ONG internazionali e istituzioni europee. Ho, inoltre, pubblicato guide turistiche, racconti e manuali per concorsi a cattedra. Ho sempre usato le parole per lavoro e per passione, e il mio amore per la scrittura è pari solo a quello per la lettura. La metrica dell’oltraggio, edito dalla Jack Edizioni, è il mio primo romanzo edito e tratta dei diversi aspetti della violenza di genere, partendo dalla tragica storia della poetessa Isabella Morra, assassinata dai fratelli, fino ad arrivare al fenomeno dei femminicidi oggi. Il libro ha destato l’attenzione della stampa nazionale, è entrato nell’elenco ufficiale dell’AIE come testo scolastico ed è stato presentato alla Camera dei deputati.Tre miei racconti sono stati pubblicati nell’Antologia “Ad alta voce”, a cura della scrittrice Sara Rattaro.

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