Libri in pillole

“Le città invisibili” di Italo Calvino: l’atlante immaginario dell’esperienza urbana

Pubblicato per la prima volta nel 1972, Le città invisibili è un libro che Italo Calvino scrisse, come lui stesso racconta nell’introduzione, “un pezzetto alla volta”, e si presenta come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo rivolge a Kublai Kan, imperatore dei Tartari. Sono cinquantacinque in totale le città narrate, che compongono un resoconto che Calvino definisce “un ultimo poema d’amore alle città”, perché, come aggiunge l’autore, “forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana e le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili”.

Fa abbastanza riflettere che queste parole siano state scritte più di cinquant’anni fa, considerando che, come ricorda Umberto Eco nel libro Storia della civiltà europea, la “crescita delle città e lo spopolamento delle campagne sono probabilmente il più visibile dei cambiamenti ambientali del XX secolo”, un fenomeno che si è progressivamente accentuato dalla fine del Novecento fino ai nostri giorni creando nuove forme di “crisi urbana” relative al sovraffollamento e a emergenze di tipo abitativo dovute principalmente all’inflazione.

In quest’opera, però, Calvino non descrive città reali, ma costruisce un itinerario attraverso frammenti di immagini e visioni che compongono un mosaico colorato, creativo e variegato: e così leggere questo libro è un po’ come aprire un atlante invisibile, in cui le città esistono solo nell’immaginazione di chi legge. Per questo non bisogna mai accelerare il passo, perché è necessario osservare ogni dettaglio, soffermarsi su ciascun frammento, prima di svoltare l’angolo e trovarsi di fronte a una nuova città, diversa e sorprendente.

È vero, ogni città appartiene a un mondo invisibile, eppure appare concreta, tangibile, perché delineata con precisione poetica e visionaria di Italo Calvino, per il quale le città non sono semplici luoghi, bensì spazi fatti di specchi e metafore che riflettono illusioni, ricordi, nostalgie e speranze.

E mentre il fantomatico Marco Polo racconta le sue città a Kublai Khan, ci ritroviamo ben presto seduti accanto all’imperatore ad ascoltare anche noi le parole del viaggiatore, che ci immergono progressivamente in un labirinto di suoni e colori che sembrano portarci oltre lo spazio e il tempo: ogni città, con le sue piazze, le sue strade e le sue relazioni sociali, diventa così un’occasione per interrogarsi sul senso della memoria, sul valore del tempo che scorre e sul modo in cui gli spazi urbani influenzano la nostra vita quotidiana.

Le città invisibili non è un libro da leggere in fretta, richiede tempo e attenzione, come una camminata lenta in cui ogni dettaglio merita di essere osservato. È un’opera che si può aprire in qualsiasi punto e che offre sempre nuove prospettive e, quando si arriva all’ultima pagina, rimane la consapevolezza che quelle città immaginate parlano in realtà delle città reali che viviamo ogni giorno, con le loro complessità, le loro contraddizioni e le loro inesauribili possibilità .

“Le città invisibili” di Italo Calvino, edizioni Mondadori.


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Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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