Ti guardi e vorresti essere altro. Sfiguri davanti alle aspettative e gli occhi degli altri, insieme ai tuoi, raccontano un’altra storia. La verità è tutta lì, chiara finanche nei silenzi. La tua vita va avanti per sottrazione. Ti senti difettosa, piccola piccola rispetto a quello che il desiderio semina nella fantasia.
La fantasia non appartiene a tutti. Quando manchi di immaginazione riduci anche la bellezza delle cose, dei sentimenti, degli attimi. Non li riconosci. Sai che sono istanti diversi, eppure senti che non ne farai parte. In fondo, l’infelicità è uno stato emotivo privo di scosse. Finisci, così, in catalessi perché non hai mai provato a stare in acqua a bracciate. Rinunci, in questo modo, al movimento, alla frenesia dei contrasti, alla selvatica ballata dei colori che accendono o spengono il senso della vita.
In Una minima infelicità di Carmen Verde entri nell’esistenza di Annetta che vive all’ombra di sua madre. L’una minuta e l’altra bella e molto inquieta. La donna si vergogna della figlia per quel suo corpo che non cresce, piccolo d’altezza. Annetta avverte l’infelicità della madre e la fa sua per sentirla più vicina, per amarla di più. Si sente inadeguata al mondo di fuori. Coltiva, con gli anni, l’arte della rinuncia. In fondo, lei è abituata perché il suo fisico è stato più abituato a sottrarre che ad aggiungere. Questo le ha tolto qualcosa, ma l’ha unità all’infelicità della madre. Il romanzo è un capolavoro. Definirlo bello è riduttivo. La storia ha una forza dirompente. La scrittura entra nelle piccole cose, che poi sono quelle che fanno vera la vita, in un modo così straordinario che il lettore pende dalle sue parole. Ognuna di esse ha una bellezza intima, da proteggere. Ha talento, Carmen Verde.Vieni a parlare di libri con tutti noi nel gruppo Facebook The Book Advisor
“Una minima infelicità” di Carmen Verde, edizioni Neri Pozza. Dream Book.