Non sai mai chi hai di fronte, peggio ancora chi ami. La gente spesso nasconde la sua vera natura e questa non si manifesta neanche quando pensi di conoscerla e bene. Allora, ti fidi. Ami senza difese scartando da sotto gli occhi i segnali, pallidi.
Pensi ad una suggestione e alla fine allontani i brutti pensieri che ti fai della persona che hai voluto accanto. Poi, capita che si verifichi l’irreparabile. Non puoi tornare indietro e non puoi andare neanche avanti. Non sei più respiro, fiato, parole. Non sei niente, solo corpo. Inerme, senza battito. Succede che l’uomo che hai scelto, voluto, desiderato, decida di toglierti tutto, vita compresa. Lo chiamano amore, ma è solo azione criminale. Amore malato, ossessivo, possessivo, quando è criminale non ha nulla dell’amore.
In Romanzo puro di Orazio Longo pensi di conoscere invece non sai un bel niente. È come se sentissi la musica, ci vai anche a ritmo, batti il tempo, ma la melodia quella ti sfugge. Non puoi rincorrerla, farla tua, imitarla. Non ti appartiene come l’amore. Pensi di conoscerla, quella musica. È la stessa, la ripeti e non ci badi quando cambia arrangiamento. Così succede con l’amore, pensi che sia vero invece è un’altra cosa. Tutto, il peggio di tutto, tranne amore. Quello di un serial killer che confonde l’idea dell’amore con il traviato concetto che si è fatto nella sua testa. Come musica che si compone e si esegue senza spartito.
Secca la scrittura. Ritmata, cadenzata da punti. Poche parole un punto e così di seguito. Si comprende magnificamente come l’autore conosca bene i tempi giornalisti e musicali. Eppure, nella lettura si perdono le sfumature che non si possono né trovare né immaginare perché lo scrittore le ha affettate. La stessa fantasia singhiozza ad intermittenza, è rotta, lasciando il lettore a metà su un ritmo che si ferma.
“Romanzo puro” di Orazio Longo, Edizioni Efesto. Dream Book.