Non sai mai chi hai di fronte, peggio ancora chi ami. La gente spesso nasconde la sua vera natura e questa non si manifesta neanche quando pensi di conoscerla e bene. Allora, ti fidi. Ami senza difese scartando da sotto gli occhi i segnali, pallidi.
In Romanzo puro di Orazio Longo pensi di conoscere invece non sai un bel niente. È come se sentissi la musica, ci vai anche a ritmo, batti il tempo, ma la melodia quella ti sfugge. Non puoi rincorrerla, farla tua, imitarla. Non ti appartiene come l’amore. Pensi di conoscerla, quella musica. È la stessa, la ripeti e non ci badi quando cambia arrangiamento. Così succede con l’amore, pensi che sia vero invece è un’altra cosa. Tutto, il peggio di tutto, tranne amore. Quello di un serial killer che confonde l’idea dell’amore con il traviato concetto che si è fatto nella sua testa. Come musica che si compone e si esegue senza spartito.
Secca la scrittura. Ritmata, cadenzata da punti. Poche parole un punto e così di seguito. Si comprende magnificamente come l’autore conosca bene i tempi giornalisti e musicali. Eppure, nella lettura si perdono le sfumature che non si possono né trovare né immaginare perché lo scrittore le ha affettate. La stessa fantasia singhiozza ad intermittenza, è rotta, lasciando il lettore a metà su un ritmo che si ferma.
“Romanzo puro” di Orazio Longo, Edizioni Efesto. Dream Book.