Dream Book

“L’apocalisse sbarcò a Vespuccio” di Phil Marino: recensione libro

Arriva un momento in cui desideri staccare la spina, rallentare i ritmi. Insomma, fermarti un attimo per assaporare meglio la vita, anche se continua a correre in decisioni improvvise da prendere, in problemi da risolvere, senza che tu te ne accorga veramente. A volte, molte cose passano così in fretta che si fa fatica a focalizzare il momento.

La lentezza al centro

È come perdersi qualcosa, senza mai agguantarla davvero. Allora, vorresti sprofondare in quella lentezza che ti accompagna ad occhi chiusi ad una carica di energia che ti serve per rigenerarti. Serve la lentezza. Non abusatene, però, perché è deleteria. Atrofizza la vivacità, impoverisce l’elasticità di movimento e di pensiero. Le idee che si affiancano alla lentezza diventano acqua stagnante  prima che si possano trasformare in azioni concrete. Eppure, la lentezza è un modo di vivere, in alcuni paesi. E nel Paese come il nostro di lentezza ne sappiamo qualcosa, anzi ne siamo esperti. Rinfrescando la memoria ai più pigri, la lentezza burocratica è in pole position, ma anche quella dei trasporti ferroviari non scherza. Chiedetelo pure a coloro che abitano nei paesini del sud d’Italia. Vi risponderanno con un vaf… con decenza parlando. E qui mi fermo per non innervosire nessuno.

La lentezza però è anche la litania comportamentale di alcuni centri lontani, molto lontani, dal caos che regna nelle grandi città. Centri che sembrano isole felici proprio per quella lentezza che ti fa godere la vita nella sua semplicità. Gustare un caffè al bar, per esempio, senza indugiare troppo sull’orologio per il ritardo che si avrebbe in situazioni normali, non pari. Si gusta anche la vita, così. E c’è chi alla lentezza non rinuncia. Perché se è di una lentezza spuria, quella di cui si parla, che si respira tra menefreghismo e padronanza arguta, allora è una scelta esistenziale. Rimbalza morbida sul carattere e il comportamento della gente che la fa passare, neanche tanto velatamente, per baldanza o per saper vivere. O vivere bene, meglio ancora. Quasi come se fosse un congedo dal marasma che avvelena il fiato. Nei piccoli paesi si sigilla la lentezza come un bene prezioso da conservare e da custodire. È una forza riparatrice della vita che aiuto lo spirito di sopravvivenza. Ti puoi scordare del futuro impegnato a respirare il momento, il presente.

L’apocalisse sbarcò a Vespuccio

Nel libro L’Apocalisse sbarcò a Vespuccio di Phil Marino entri nel circo della vita gretta, molle, lenta, compassata, di un paese d’Italia, uno come tanti, in cui la gente respira aria viziata dal menefreghismo. Le regole base del vivere civile, dal rispetto dell’ambiente a quello che il territorio offre spontaneamente, sono messe in ginocchio da un atavico pensiero, sbagliato, che se tutti fanno così, in un certo consolidato modo, chi se ne importa tanto spostandoti più in là la situazione non cambia e gli occhi, per la bellezza, puoi orientarli dove vuoi. Questo non riesce a comprenderlo il protagonista, un italoamericano che si trasferisce a Vespuccio per cambiare aria e per scrivere. Si sa, è un fatto di cultura, di rispetto, di senso di appartenenza a cui bisogna, urgentemente, pensare. In questo scempio si fanno strada anche scempi comportamentali che sfociano nel grottesco, nella mentalità ottusa. E cambiare è un lavoro duro.

Sporco lo stile narrativo. Unto da parole che vengono di pancia, che butti giù quando sei arrabbiato. La storia, nella sua irrealtà, si mischia nella vera visione di ciò che si vive ancora in alcune realtà. La satira è calzante.

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“L’apocalisse sbarcò a Vespuccio” di Phil Marino, Brè Edizioni. Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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