Le parole sono sparse, disseminate, perse. Si lasciano accarezzare, amare. Esse portano la vita, lo strazio, il tormento. Le parole da scrivere si cercano, si spogliano. Si allineano, si ordinano, si scompaginano. Si attorcigliano ai pensieri. Sono nodi e poi fili. Sanno trafiggere la pelle, guastare l’umore e far gioire l’anima.
In La correttrice di Emanuela Fontana entri nella vita di Emilia Luti che aiutò Alessandro Manzoni a correggere i suoi Promessi Sposi. Firenze, 1838. Emilia, orfana di padre, per mantenere la madre e le sorelle minori, fa la bambinaia e l’aiutante di biblioteca in casa Vieusseuz. La ragazza parla un fiorentino purissimo. Massimo d’Azeglio le propone di seguirlo a Milano per occuparsi della piccola Rina, la bambina avuta dalla prima moglie, Giulietta, figlia del Manzoni. Lo scrittore non è soddisfatto del suo romanzo, sebbene abbia avuto un grande successo. Vuole ristamparlo in un’edizione illustrata e intende rivederne completamente la lingua per avvicinarla ancora di più al fiorentino. Colpito dalle capacità linguistiche di Emilia, i due finiranno per rileggere e correggere insieme l’intero romanzo.
Il libro è bellissimo. Prende spunto da una storia vera rimasta nell’ombra. Emanuela Fontana, con notevole capacità, traccia un ritratto umano dello scrittore più idealizzato di tutti i tempi e trasforma Emilia in una grande figura letteraria che grazie al suo contributo, di donna accorta, sagace, preparata, ha dato lustro al romanzo italiano più famoso, nella versione che tutti conosciamo.
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“La correttrice” di Emanuela Fontana, edizioni Mondadori. Dream Book.