“Il senso comune” di Adriana Capogrosso: la doppia vita di una ragazza nella Napoli dell’800

Le responsabilità ti inchiodano alla vita. Lotti con la coscienza, se ce l’hai. Portano un peso che si alleggerisce affrontandole. Formano il carattere e arricchiscono l’esperienza. Ignorare la paura o quello che dice l’anima con uno scossone di verità sarebbe come tradire e perdere un pezzo di sé stessi. La realtà è chiara anche quando è distorta, manipolata. Lo si comprende pur conoscendo un frammento di ciò che essa nasconde per allontanare intrusi indesiderati e occhi indiscreti. Allora, nel marasma della bruttura generale cade il velo del falso perbenismo.
L’autenticità della vita, nei suoi segmenti più crudi, permette una riflessione che le persone sensibili, più di altre, dotate anche di un piglio coraggioso specie per via di un’intima sofferenza, colgono appieno nell’andare a fondo nelle questioni che richiedono quella responsabilità urgente. Scoppia qualcosa dentro che non puoi ignorare, senti che potrebbe cambiare molte cose: te stesso, in primis. L’ipocrisia sociale la lasci ai valletti di corte, agli arraffa briciole dalle tavole del potere. Sai che l’altezza del muro dell’ingiustizia dipende da tante cose, anche storte. Ma nel mezzo ci sta pure il senso comune della responsabilità nel crescere sani, con principi solidi, oppure strafottenti a danni di molti.
In Il senso comune di Adriana Capogrosso entri in una storia incredibile. Napoli, 1840. Quando la giovane Carolina de Marinis esce dal Real Educandato dei Miracoli, per tornare a casa, il suo destino sembra segnato. La sua è una famiglia aristocratica. La madre le vuole trovare un buon partito affinché si sposi presto, nonostante la terribile malattia che all’improvviso, per cause che nessuno conosce, trasforma il suo viso in maniera mostruosa. Carolina, invece, ha altri progetti. Vuole essere libera, scrivere poesie, conoscere il mondo e sposare chi desidera per amore. Si costruisce, così, un’altra identità. Si traveste da ragazzo e gira per Napoli conoscendo vita vera e segreti. Per caso, un giorno, si imbatte in un duplice omicidio. La baronessa D’Aquino e sua figlia Lucrezia sono state uccise. Quest’ultima viveva segregata in casa per volere della madre tanto che nessuno l’ha mai vista. Inizia, in questo modo, la doppia vita di Carolina. In famiglia è dolce, obbediente, ma quando scende dall’albero di mandarini diventa Nando, ragazzo sfrontato e intraprendente che aiuta l’agente Alfredo Vitagliano nelle indagini. Ma le due vite, poi, si accavallano in modo pericoloso.
Il romanzo è di una sorprendente bellezza. La narrazione, potente già dalle primissime righe, è un crescendo di curiosità e di seducente incanto. La scrittura è magma, fuoco. Il titolo, però, non è accattivante e pare scialbo. Ma questa è una minuzia nel mare della meraviglia che la scrittrice riesce ad esprimere e trasmettere perché è veramente molto brava.
“Il senso comune” di Adriana Capogrosso, edizioni Homo Scrivens.




