La disperazione, a volte, è figlia della necessità. Meno si ha e più disperati si è. Quando non hai un soldo ti manca il terreno sotto i piedi. Si sbriciolano le certezze. Entri in uno sconforto angosciante che ti strappa alla pittura della vita. Tutto diventa nero, vacante, blindato e lontano. Inaccessibile, irraggiungibile.
In Carusi di miniera di Tania Anastasi conosci la miseria della fame e la fatica dei sacrifici. Sicilia, XX secolo. La povertà è dilagante, le famiglie di contadini annaspano. I signori ed i signorotti fanno affari. Sull’isola ci sono diverse miniere di zolfo. Sono fonte di investimenti, di guadagno, di sudore e di morte. L’autrice racconta la storia di una famiglia caduta ancor più in disgrazia quando si ammala il capostipite. La donna per salvare il marito ed i figli dalla fame più nera si rivolge ad un capomastro, compare Cirino. L’uomo recluta carusi da mandare nelle miniere, così accumula la sua ricchezza. La donna è costretta a scegliere tra i figli che deve sacrificare in cambio di un prestito. Il lavoro in miniera è simile alla schiavitù. I carusi finiscono nella pancia della terra e nel buio di una vita fatta di privazioni e di fatica.
Il libro apre una finestra sullo sfruttamento minorile e sulle condizioni di lavoro in generale. Il racconto poggia su una struttura solida. La narrazione procede con slancio e con intima emozione.
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“Carusi di miniera” di Tania Anastasi, edizioni Pav. Dream Book.