Il crollo di qualcosa è una storia che non finisce con lo schianto. Inizia in quel momento per andare indietro e portarsi avanti in un racconto che presenta insidie e falle. Nelle increspature si nascondono tante cose soprattutto scorze di fatti lasciati in sospeso, di respiri segnati dalla nostalgia, dalla memoria che vuole essere dimenticata. Il crollo, di qualunque natura esso sia, sbriciola la fragilità che non si mostra o che appare più o meno evidente. In più prende buona parte dello spazio nell’anima di chi è più debole e di chi si sente sconfitto.
Restare saldi, in piedi, potrebbe essere una variante della capacità di sapersi adattare alle situazioni, all’ambiente, alle persone. Non è facile, certo. A volte, si indossano i panni dei martiri impassibili e senza speranza. Non si è immuni dai fallimenti. Il crollo arriva, ti dice chiaramente che cosa hai sbagliato. Ti mette nella condizione di analizzare le scelte, le decisioni, le azioni, nella spinta di un uragano oppure di un flebile fiato.
In Acqua chiusa di Dario Voltolini entri in un luogo dove, un tempo, c’era una enorme fabbrica della Michelin e ora un centro commerciale, a Torino. Un palazzo, costruito per farci abitare chi in quella fabbrica ci lavorava, è ancora in piedi. Intatto. Lì è vissuta la famiglia del protagonista. Il racconto si snoda tra il ricordo e la perdita, come un crollo e una lacerazione.
il libro è un breve racconto fatto di un intimo processo di scorci vissuti tra spazi fisici e quelli interiori. La narrazione procede per passi. È issata su una struttura emotiva che rende partecipe il lettore anche dell’atmosfera che l’autore riesce a creare. La scrittura è sentimentale, originale, saputa.
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“Acqua chiusa” di Dario Voltolini, edizioni Oligo Editore. Dream Book.