Un libro tra le mani

“Le figlie degli altri” di Richard Stern, recensione: Un libro tra le mani

LE FIGLIE DEGLI ALTRI di Richard Stern.

Gran bel romanzo americano, totalmente immerso nell’America perbenista e puritana degli anni ’60-’70.

A metà strada, per me, tra lo Yates indagatore dei rapporti di coppia di Revolutionary Road e le digressioni di Philip Roth.

É sicuramente la fotografia di un’epoca e, in particolare, il preciso ritratto dell’ambiente falso-cortese dell’upper-class degli accademici di Harvard e Cambrige, abituati alla serietà dei loro studi, alla quieta, sobria e trascinata monotonia delle loro case e relative famiglie, ma l’elemento che scompagina tutto quest’ordine e questa compostezza, é sicuramente un elemento “senza tempo“, quell’onda anomala chiamata passione che c’è sempre stata e sempre ci sarà, da Ginevra e Lancillotto fino ai giorni nostri.

Questo è un libro sul disfacimento di un matrimonio, sull’abbandono della famiglia, e sul disamore.

Il professor Merriwether, quarantenne docente di fisiologia ad Harvard, ricercatore nel campo della biologia molecolare, un uomo apparentemente solido, moderato, cortese, quattro figli e una moglie con cui ormai da troppo tempo ha abbandonato ogni tipo di intimità coniugale, è avvicinato e sedotto da Cynthia, giovane studentessa di Cambridge, moderna, emancipata, tenace, munita di pillola anticoncezionale e di una ventata di erotismo che lui non credeva piu di poter rivivere.

Niente di nuovo, direte. 

Eppure Stern, con la sua scrittura alta, erudita, elegante, ricercata pur rimanendo accessibile, riesce a farne una storia tutt’altro che banale, densa, impegnata e impegnativa.

Non è un romanzo semplice, più che il tradimento e la passione amorosa, ci racconta l’attacco alle convenzioni sociali dell’epoca, le crepe di quella facciata linda e pinta che nessuno osava macchiare (anche a costo di morire dentro), ma anche i tormenti, le fughe e i ripensamenti di chi sta per dire addio a vent’anni di vita insieme.

Ci mostra, insomma, una sorta di giro di boa nei costumi americani e l’umana debolezza di ogni tempo e luogo.

“Sotto la pietra degli ultimi anni, c’erano migliaia di momenti che non erano pietrosi.

Non soltanto figli, compleanni, vacanze, ma occhiate, scherzi, pasti, la visione confusa di un film riavvolto in fretta.

Le sue promozioni, le sue scoperte, le sue carte, il suo apprezzamento. Nemmeno l’ingombrante possessivo – le “sue”, il “suo” – questa sera era causa di amarezza.

Sarah si sentiva come se stesse guardando un incidente nello specchietto retrovisore; laggiù si era schiantata la loro vita.”

Romanzo che, pur parlando di sentimenti, rimane molto cerebrale, composto, “abbottonato“, esattamente come il suo protagonista.

Richard Stern è uno di quegli scrittori un po’ dimenticati, che non sono riusciti ad avere il giusto riconoscimento neanche nel loro momento di massima ascesa, un po’ come John Williams e il suo “Stoner”, riscoperti (e apprezzati) solo tardivamente.

Questo romanzo infatti è del 1973, pubblicato da noi nel 2015.

Per me, una bella (ri)scoperta.

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“Le figlie degli altri” di Richard Stern, Calabuig edizioni . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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