Un libro tra le mani

“Pancia d’asino” di Andrea Abreu, recensione: Un libro tra le mani.

PANCIA D’ASINO è un romanzo che ci mostra cosa significhi essere pre-adolescenti in un barrio popolare di un paesino a nord di Tenerife, ad un passo dalle spiagge iperturistiche e piene di comfort eppure lontanissimi da quel tipo di vita, dove il vulcano Teide svetta minaccioso e le nuvole sono così basse e compatte da sembrare, viste dal basso, come i peli bianchi della pancia degli asini, nuvole che “chiudono il cielo come un chiavistello, un chiavistello arrugginito impossibile da aprire.”

Per le due ragazzine di questa storia il mondo inizia e finisce il quel barrio soffocante.

Pancia d’asino

“Il cielo era come una parete bianca con un cerchietto giallo disegnato coi pennarelli che qualcuno poi aveva coperto con dell’altra pittura bianca. Faceva un gran caldo. Era la calima, come diceva mio padre: faceva male il petto a respirare, le cose diventavano più pesanti, come avessimo il cemento delle betoniere dentro le scarpe da tennis.”

La “panza de burro” creata dalle nuvole diventa vera e propria “protagonista”, in quanto assume una consistenza densa, pesante, che grava sulla vita degli abitanti rendendoli fiacchi, pigri, come privati di futuro e progettualità.
Non è solo una condizione meteorologica, ma proprio uno stato mentale.

È Shit (soprannome che le è stato dato dalla sua amica Isora) che ci parla… e lo fa con quel suo modo sgrammaticato, confidenziale, ingenuo eppure denso delle inquietudini e delle trasformazioni proprie della pubertà.
Shit e Isora, dieci anni, si affacciano curiose al mondo adulto, ma il loro è un rapporto completamente squilibrato, dove c’è, da una parte, la più cieca e totale adorazione, dall’altra, la consapevolezza di essere ammirata, imitata e venerata.

“io volevo mangiarmi isora e cacarla perché fosse mia conservare la merda in una scatola perché fosse mia dipingere i muri della mia stanza con la merda per vederla da tutte le parti e trasformarmi in lei io volevo essere isora.”

Un’amicizia che è stupore, scoperta… ma anche distruzione.

Turbamenti, disagi famigliari, disturbi alimentari, sessualità infantile… tutto nell’arco di un’estate che le segnerà per sempre.

La vera sorpresa di questo libro è la lingua usata, ovvero la variante canaria dello spagnolo.
Ilide Carmignani, la traduttrice, ha fatto un lavoro pazzesco per cercare di mantenere intatto il modo di esprimersi della voce narrante: un fiume di parole che nasce dalla sua pancia, che scorre veloce incurante della grammatica, della punteggiatura, e arriva dritto nello stomaco di chi legge.
Una scrittura “parlata“, viscerale, che ti dà subito la misura della condizione sociale delle protagoniste e t’impone un’immersione totale nel loro mondo, che ti fa sedere affianco a queste due ragazzine e ti fa sentire un “fisquito” parte di quel barrio.

Pancia d’asino è un libro, a suo modo, selvaggio e strafottente (esattamente come Isora), un libro privo di pudori e innocentemente feroce.
La sua forma linguistica apparentemente semplice nasconde grandi profondità, di tipo sociale, politico e relazionale.
Un bellissimo esordio letterario.

 

“Pancia d’asino” di Andrea Abreu, Ponte alle grazie . Un libro tra le mani.

 

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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