Interviste

Loredana Lipperini: perché leggere e scrivere fantastico è sempre una buona idea

Loredana Lipperini, conduttrice radiofonica, scrittrice, giurata di premi letterari, intervistata da Eugenio Saguatti per The BookAdvisor.

Ciao Loredana. Ci vorrebbe una mezz’ora buona solo per presentarti. Loredana Lipperini è conduttrice radiofonica, giornalista, scrittrice in proprio, in duetto e con pseudonimo. Blogger, titolare di rubriche su quotidiani, giurata di premi letterari – tipo lo Strega –, insegnante di letteratura fantastica alla scuola Holden, consulente artistica per il Salone di Torino. Ho dimenticato qualcosa? Astronauta, pilota di rally? Sergio Mattarella chiede se deve preoccuparsi.

Tiravo con l’arco. Amatorialmente, eh, nulla di serio.

Stavo per chiederti: “Come fai a fare tutto”, ma mi è arrivato un gufo con una lettera tra le zampe. Viene dalla professoressa McGranitt, chiede quando restituisci la giratempo.

La risposta è semplice: con calma. Perché anche se il tempo sembra poco, è possibile dilatarlo facendo le cose con cura. Almeno, ci provo.

loredana lipperini magia neraIl tuo ultimo libro è Magia nera: dodici racconti, tutte protagoniste donne, genere fantastico. La summa di quello che gli editori detestano. L’hai fatto apposta?

Naturalmente no. Conosco da tempo la diffidenza italiana nei confronti della letteratura fantastica, ed è buffo, perché sembra che ancora pesi lo stigma della fuga del disertore di cui parlava, e soffriva, Tolkien, come se scrivere di non-reale fosse un tradimento, come se il fantastico non raccontasse il reale stesso come e persino più della letteratura realista. Quanto ai racconti, è un altro pregiudizio nostro, e su questo non riesco a darmi spiegazioni. Io sono cresciuta come lettrice di racconti: Poe all’inizio, e poi Katherine Mansfield e dopo ancora Alice Munro, fra le altre e gli altri. Sono scritture ovviamente diverse rispetto al romanzo, richiedono concezioni diverse della narrazione, ma sono di pari validità. Quando alle donne, è davvero una scelta spontanea, avevo voglia di raccontare vite normali di ragazze, signore, vecchie, e non ho ragionato più di tanto sul fatto che fossero tutte donne. In assoluto, comunque, non lo faccio apposta: scrivo quel che sento di scrivere.

Dodici donne a cui il soprannaturale, o almeno l’irrazionale, cambia la vita. Perché questa impronta?

Perché è il tipo di fantastico che mi interessa: pur seguendo e amando l’epica di certo fantasy o di molta fantascienza, non sono i mondi altri che mi interessano, ma il nostro. Mi piace che il soprannaturale faccia irruzione nel nostro mondo colando dal solito sacchetto di carta. Mi piace che porti caos nelle vite ordinate, e viceversa possa costituire una possibilità di ricomposizione, laddove il caos esisteva già.

Che senso ha leggere e scrivere fantastico oggi, che la realtà sembra sorpassare a destra la finzione? Una pandemia, rivolte razziali, statue abbattute: avvenimenti che sembrano usciti da una serie TV.

Ma, come dice Margaret Atwood, si scrive sempre di quel che è già avvenuto in precedenza e che, certo, può ripetersi. L’ultima pandemia è di cento anni fa, e l’attuale era ampiamente annunciata. Chi ne ha scritto in precedenza, come, per citarne uno solo (sempre lui) Stephen King in The Stand era interessato al ripetersi delle dinamiche sociali. Che infatti si sono puntualmente ripetute anche in questo caso.

Anche altri tuoi testi contengono dosi generose di fantastico. In L’arrivo di Saturno affianchi una vicenda vera (i giornalisti Graziella de Palo e Italo Toni spariti in Libano nel 1980) alla storia di un pittore, Han van Meegeren, che affresca una cappella con un Giudizio Universale che sembra opera di Vermeer. In Esbat racconti di una disegnatrice di manga che evoca demoni. Cosa significa per te il fantastico?

Per me è la stessa letteratura: so che in questi ultimi tempi si racconta sempre più spesso di se stessi ma, come scrivevo proprio in Saturno, la letteratura mente per definizione, anche quando la pretendiamo aderente al reale.

loredana lipperiniL’editoria italiana è in crisi profonda: sempre meno lettori da una parte, dall’altra sempre meno pianificazione a medio termine. Se Loredana Lipperini avesse a disposizione un incantesimo (emenda bibliomondus?), cosa cambierebbe?

Parlando dal punto di vista qualitativo, smetterei di inseguire i social, pubblicherei meno storie autobiografiche, e, sì, meno storie realistiche. Però dal punto di vista delle vendite hanno ragione loro: quello che a me non convince è proprio quello che vende. Allora, la famosa bacchetta magica dovrebbe servire ad allargare la platea di lettori, non a cambiare modus operandi degli editori: con più lettori (in Italia sono pochissimi) si possono soddisfare i gusti di tutti. Facile a dirlo, difficilissimo a farlo (multiplicalectores?).

Studiosi e addetti ai lavori hanno provato a definire il fantastico (Todorov, Calvino…); che definizione daresti tu?

Quello che non vediamo ma esiste. Perché le paure e i desideri oscuri fanno parte delle nostre vite, che lo vogliamo o no.

Il fantastico italiano ha avuto una lunga tradizione (Ariosto, Salgari, Buzzati, Calvino stesso…); poi cosa è successo?

Si è pensato al romanzo borghese, per dirla così, come vera e suprema forma narrativa. Ma, come diceva Ursula K. Le Guin, si può descrivere la vita che corre su una strada dallo specchio del realismo, come voleva Stendhal, o da un altro pianeta, come faceva lei.

Tre consigli di Loredana Lipperini per scrivere fantastico nel 2020.

Leggere.
Leggere.
Leggere.

E intendo leggere non soltanto il genere, e non soltanto una parte del genere (quella nobile o quella artigianale), ma tutto quel che capita a tiro.

So che hai appena consegnato all’editore il romanzo nuovo. Ci dici qualcosa che non sa nessuno?

Che parla di peste ma è ambientato nel 2008, l’anno della Grande Crisi.

Per chiudere: cosa vorresti fare da grande?

Riprendere a tirare con l’arco.

Intervista a cura di Eugenio Saguatti per The BookAdvisor

 

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