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“La segnatrice” di Elena Magnani: recensione libro

Sguardi e dialoghi muti. Parole solitarie che accompagnano pensieri audaci. In amore, dapprincipio, il silenzio è sacro, è vitale. Serve a capirsi, a fiutarsi. Bastano gli occhi per seguire la scia delle emozioni. E se queste innescano un travaglio fatto di ansia, di agitazione, di attesa, la strada per comprendere di che cosa si tratti, in realtà, è tutta in salita. E anche impervia.

Nulla è facile, soprattutto in amore. Succede addirittura che quando il sentimento è autentico, quindi certo, le situazioni che si creano e che fanno da cornice possono cambiare il vento a favore. In circostanze simili, niente può essere come prima. Restano, però, l’amore solitario, i ricordi vividi e vivaci, quando le distanze diventano enormi e segnate per sempre. L’amore non si può imporre, come il contrario. Ha il suo linguaggio, i suoi palpiti. Soffocarlo o andargli incontro senza alcuna riconoscenza dall’altra parte non è bene, non fa bene. Eppure, ognuno lo vive come può, come gli riesce di fare. Giusto o sbagliato che sia, a volte i cuori si dividono per motivi che non c’entrano nulla con i sentimenti. Si tratta di casi infelici, dettati da esigenze che aprono ferite profonde, che mettono a tacere il desiderio, che frugano nella capacità di resistere alla lontananza, ad un amore diviso. Sai, però, che il suo alito ti è entrato per sempre nella pelle.

In La segnatrice di Elena Magnani entri nelle vite di uomini e donne che resistono alla seconda guerra mondiale. Buoni da una parte e cattivi dall’altra, capita però che le due parti si mescolano per un unico fine: l’amore. Anna, una ragazza sveglia e speciale, fa parte della resistenza. È una partigiana. Si infiltra come spia nel comando tedesco del suo paese. Lei ha un dono, quello di segnare, di guarire anime e corpi attraverso preghiere segrete a fil di voce e segni di croci in aria, a fin di bene. Anna deve ingraziarsi il tenente Matthias, un uomo indurito dal conflitto e dalle delusioni personali. Non è facile per lei gestire il suo dono e vedere il limite tra bene e male senza romperne l’equilibrio. Molte cose dipendono da lei, altre pensa che senza il suo contributo non possano risolversi e altre ancora le sfuggono di mano come l’amore che si insinua lento e disarmante. Eppure, tutto è chiaro e contrastante.

Il romanzo è bellissimo. La storia è potente, scritta molto molto bene. Non trovi nulla fuori posto, nessuna sbavatura, nessuna caduta di stile o di vuoto. Il libro è un capolavoro. La narrazione è fluida, ricca di sentimenti, di emozioni, pregna di respiri, di vita. È anche leggera come un dono, perché chi sa scrivere non viene inghiottito dalla sabbia di parole inespresse e questo il lettore lo sa, lo avverte. Niente rallenta la lettura, anzi succede il contrario. Staccarti dalle pagine è difficile, finanche doloroso. Il romanzo lo terrai a mente, lasciarlo ti risulterà faticoso.              

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“La segnatrice” di Elena Magnani, edizioni Giunti. Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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