Per “Di Versi in Versi”, vi proponiamo la lettura di “Se mi ami sopravvalutami” di Viviana Viviani, edito da Controluna – Edizioni di poesia.
Quando l’irreale – e la sua degenerazione – si sostituisce all’essere
L’amore ai tempi dei social, verrebbe da pensare alla lettura del primo testo che apre la raccolta poetica di Viviana Viviani “Se mi ami sopravvalutami” (Controluna – Edizioni di poesia). Che non è scherno di un certo universo adolescenziale. Più che altro, denuncia di qualcosa di irreale – o meglio virtuale – che di fatto si sostituisce all’esserci:
«e io mi sento sempre più sola
in una vita piena di persone
fatte di ossa e sangue
me meno vere di te», scrive l’autrice, dopo aver passato al setaccio i movimenti, gesti, emotivi e fisici, di un contatto virtuale che tenta di approdare all’amore.
E prosegue, “narrando” della “degenerazione” di simili contatti («Non mandarmi il tuo c@zzo in chat», è il titolo del secondo componimento), con un linguaggio che genera simpatia, o allegria, ma che al contempo riesce a mantenere una certa dose di serietà. Un ossimoro necessario, a parere di chi scrive. Specie quando si vuole dire, non sperimentando, ma virando su strade poco battute, che portano anche all’auto-critica provocatoria:
«lo so che aspetti il “sangue
secco delle mie vene”
ma la tua vanità
è tempo si disperda;
da me non avrai altro
che una poesia di merda».
Personalità narcisistica e la sua controparte dipendente
Che sia fuori intenzione o reale volontà rappresentativa dell’autrice non è dato e voluto saperlo – la poesia (la scrittura in genere) ha questo suo proprio pregio: lasciare al lettore la possibilità di immedesimarsi dove meglio crede – ma sembra esserci lungo i testi della Viviani la rappresentazione diretta e scandalosa dell’essere umano affetto da personalità narcisistica, nel senso patologico del termine: «ho nostalgia delle tue coltellate. / Sentimenti guasti, / che all’amore usurpano il nome», e della sua controparte dipendente: «Per fortuna ho una vita sola / che se per sbaglio ne avessi due / le sprecherei entrambe / insieme a te».
Non a caso la raccolta poetica è divisa in due sezioni, titolate in modo da lanciare al lettore un messaggio preciso: la prima “Amore”, che si dissolve nel virtuale, nell’incapacità di tenere i pezzi; la seconda “Sopravvivenza”, dove a tratti ritorna il tema della disfunzione relazionale, che anche quando si chiude lascia il trauma di ciò che è stato.
«Poi te ne vai leggero
come un aquilone
lasciandomi qui
con la tua disperazione», scrive la Viviani del “Vampiro”, che ti inganna con il calore sul fiato e dopo aver colpito e prosciugato, si allontana mai sazio, ma lasciando alla “vittima” il peso della sua – quindi altra da sé – inettitudine.
Scavalcare l’ermetismo per accompagnarci nelle riflessioni post-lettura
Perfetta – e lo si dice senza temere di sovradimensionare l’importanza semantica delle parole – la conclusione, che ci accompagna nel concetto di morte, inteso nella sua accezione più ampia. Perché quello che rimane è il trauma del vissuto e i suoi effetti: «Il dottore dice sempre / tutto bene solo ansia, / ma io sento che il mio corpo / mi insegue per uccidermi».
Se mi ami sopravvalutami è un buon libro, lo si può dire. Capace di superare alcune dinamiche stilistiche contemporanee, che tentano di strizzare l’occhio al passato o alla sperimentazione, finendo tuttavia con l’auto-confinarsi. Che la Viviani sappia scavalcare l’ermetismo, è senza dubbio un pregio, specie perché – ed è proprio questo il caso – continua ad accompagnarci nelle riflessioni post-lettura.