Le storie non finiscono mai, non hanno tempo. Sono senza età, sono gli anni di tutti. Continuano dall’ultimo punto arricchendosi di spazi, di voci. Ti portano via, dove vuoi. Te ne stai lontano tutto il tempo che desideri, che ti occorre, per poi tornare e rientrare nella realtà.
Le storie ci appartengono
Nelle storie troviamo molte più cose di quelle che la quotidianità ci mette sotto il naso. Vorremmo leggere molte più virgole perché i punti hanno un senso di non ritorno. Da essi, però, ripartiamo imbastendo altre storie per congelare il tempo. Una rivoluzione della fantasia a cui le parole fanno festa, libere di stare ferme, di finire sulle labbra di sconosciuti, di trovare posto nelle scosse dell’anima a solleticare i sentimenti.
L’isola senza tempo di Gianluca Mercadante
Nel romanzo L’isola senza tempo di Gianluca Mercadante ricordi bene chi sei. È attraverso la vita degli altri, dei protagonisti, che riesci a capire meglio la tua. Metti a fuoco le zona d’ombra che sono rimaste foschia sino a quando non ti sei guardato dentro con le parole degli altri. Dello scrittore. Succede anche questo con i libri. Una storia non finisce mai. Condita sempre di punti e spunti nuovi, quella di Marcello, l’anziano padre di Biagio, la racconta al figlio perché senza di lui non sa stare. Si è stancato, perde pezzi di vita per strada, ma non le storie che mantengono vivi i ricordi anche di ciò si è taciuto. Che si è capito abbondantemente con lo sguardo, infarcito di silenzi, eremita di posti sereni come l’isola. E le radici non hanno tempo come le storie, come l’isola dove tutto torna per fare ordine nello scompiglio dei pensieri. Perché le storie vanno scritte, raccontate affinché non vadano perse.
Geniale la narrazione. Lo stile dello scrittore è duplice: ricca, corposa e leggera, soffice. Il romanzo resta in testa anche quando non c’è tempo.
“L’isola senza tempo” di Gianluca Mercadante, Edizioni Las Vegas. Dream Book.