Dream Book

“Le streghe di Lenzavacche” di Simona Lo Iacono: recensione libro

Si è come si è. Buoni, maligni, folli, scurnusi, impavidi, non c’è alcuna legge per essere se stessi. Esiste il buon senso, il senso della misura, per tutto. Si può migliorare o imbruttire il proprio aspetto, il carattere invece va da sé. A volte si smussa, più che altro per compiacere qualcuno, senza alcuna convinzione di riuscirci appieno. Perché, in fondo, diversi da come siamo non vogliamo essere. A noi sta bene così, gli altri se ne faranno una ragione. Ed amen.

Certo, più si è se stessi più si è sulla bocca di molti. C’è sempre da parlare o sparlare, per un motivo o un altro, quindi tanto vale essere fieri del proprio nome. La nomea, invece, non conosce bocche vacanti, non è mai a digiuno, e ha sempre fame di chiacchere. E queste più vanno avanti, più corrono, più si trasformano sino a diventare un’altra cosa: fantasticherie o malelingue. Chi incappa nella stretta morsa delle malelingue avrà spogliata anche l’anima e stenterà a riconoscersi. Se poi alle spalle hai una famiglia stranissima, per gli occhi di molti, non hai scampo. Le dicerie diventano fiamme che puoi spegnere o alimentare ulteriormente, ma non puoi rinnegare chi sei.

Combattere i pregiudizi

Nel romanzo Le streghe di Lenzavacche di Simona Lo Iacono si respira aria di lotta, di coraggio, di sicurezza per combattere i pregiudizi che atterrano chi è più debole come Felice, un bambino con disabilità evidenti, che sorride alla vita e alla gente che lo allontana. Quel nome è il primo passo per ribaltare il suo destino. La realtà che lo circonda è arida, ammuffita da vecchie credenze e da un’ignoranza antica. Siamo in Sicilia nel 1938. Il fascismo elogia la perfezione fisica e la scuola segue regole dittatoriali. La fantasia e il senso critico sono banditi, fanno paura perché pericolosi. Serve mantenere l’ignoranza tra la gente. Eppure, a Lenzavacche c’è chi ama leggere come Rosalba, la mamma di Felice e suo padre “il santo”. Cosa questa da fare scanto, fare paura, in virtù anche della stirpe da cui discende la donna. Per tutti le streghe di Lenzavacche.

C’è tanto fiato nel romanzo di Simona Lo Iacono. Quello di Felice che riesce a parlare soffiando su uno strumento ingegnoso che proietta poi le lettere sul muro. Ma anche il fiato di farcela, di essere accettati per quello che si è. Persone normali, come tutti. Forse più sognatrici e amanti delle storie, della cultura, perché queste affinano le emozioni. Sincero, ammaliante lo stile della scrittrice che non delude con un romanzo che parla all’anima.

“Le streghe di Lenzavacche” di Simona Lo Iacono, Edizioni E/O. Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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