“Trema la notte”: la salvezza nel romanzo di Nadia Terranova

Perdere tutto in una notte, con una scossa improvvisa che spazza via una città, anzi due. La terra trema, tutto crolla e in pochi minuti spariscono vite, storie, idee, convinzioni e un futuro già scritto per metà.

Questo è quello che accade in Trema la notte, ultimo romanzo di Nadia Terranova edito Einaudi Stile Libero. L’autrice messinese torna a parlare di perdita e lo fa, ancora, tornando nella sua terra d’origine. Questa volta però si tratta di una perdita enorme e sconfinata, che prende tante storie e più terre, investe vite e le stravolge. Nadia Terranova con questo libro lega due lembi di terra italiana che nessun ponte ha mai unito e lo fa partendo da un evento che proprio quelle due terre ha toccato. Il terremoto del 1908 colpì Messina e Reggio Calabria radendole al suolo in una sola, lunghissima notte. 

I capitoli di Trema la notte sono profezie, ognuno porta il nome della carta di un tarocco e in ognuno la storia finisce e poi ricomincia. I protagonisti sono due, Barbara Ruello, giovane donna siciliana e Nicola Fera, un bambino calabrese: due storie che lo scricchiolio della terra fa incontrare. Al principio intrappolati nelle vite che le loro famiglie hanno scelto per loro, i protagonisti si trovano improvvisamente soli tra le macerie di un terremoto che ha schiacciato il loro passato. Barbara e Nicola non hanno più nulla, quindi devono trovare la strada per avere finalmente qualcosa. 

“C’è qualcosa di più forte del dolore, ed è l’abitudine.

Al dolore non ci si abitua, dicono, ma non è vero: al dolore si abituano tutti, a causarlo, a riceverlo, in una diluizione quotidiana invisibile e anestetica.”

Il dolore Barbara e Nicola lo conoscono ancor prima del terremoto. Entrambe le loro esistenze, seppur in maniera diversa, sono tormentate, complicate. 

Se Nicola è ancora troppo piccolo per fuggire dall’amore ossessivo e opprimente di una madre cui ancora si sente legato, Barbara ha già l’età per salire su un treno e allontanarsi quanto possibile da un padre che non ne capisce le inclinazioni. 

“…se mi avesse ordinato di buttare via il romanzo che tenevo in borsa, almeno avrebbe dato forma a chi ero: una ragazza che aveva imparato il coraggio dai libri e, specchiandosi nelle donne raccontate dalle donne, aveva scelto di somigliare a certe eroine ribelli che si sottraevano ai destini scritti per loro.” Barbara, a vent’anni, è una donna già lontana dalla società del suo tempo, sceglie di non sottostare al matrimonio e alla vita che suo padre ha scelto per lei e raggiunge la sua nonna, suo personale esempio di libertà e indipendenza. Lascia il paese per raggiungere la città, ma persino quella nonna emancipata e benevola pone limiti al suo sogno di eroina ribelle. 

Nicola, invece, è soffocato da una famiglia che ai giorni nostri non sarebbe sfuggita ai servizi sociali. Il modo in cui sua madre vuole tenerlo attaccato a sè è al limite del patologico e fa si che il bambino cresca in un mondo chiuso e soffocante, in cui l’unico baluardo di libertà è una tazza di cioccolata calda. Nicola sogna notti libere da catene e incubi, ma l’errata convinzione che quell’attaccamento insano sia amore non gli rende possibile immaginare una vita diversa.

Barbara è grande abbastanza da essere narratrice della sua storia, per quella di Nicola, invece, abbiamo bisogno di un sapiente narratore onniscente.

Quando poi la notte trema il mondo così com’è crolla, porta via le certezze, spazza via tutto ma risparmia i due giovani protagonisti. 

“Contavo i non morti senza arrischiarmi a chiamarli vivi, e tra loro, confusamente, provavo a individuare me stessa.” Barbara si trova immersa in una città, Messina, che il suo amore sconfinato per l’arte le fa paragonare a un’unica “quinta teatrale”. In piedi ci sono solo le facciate: dei palazzi, dei teatri, delle chiese. Il mondo è confuso, rovesciato, disperato. In nessun modo ci si può sentire protetti e nel caos completo un brutale atto di violenza legherà per sempre Barbara e Nicola senza che nessuno dei due se ne renda conto.

I giorni successivi al terremoto sono i peggiori, scuotono più della scossa vera. Cambiano le vite, trascinano tutti, Barbara e Nicola compresi, verso nuove esistenze, con nuove amicizie, nuove persone e nuovi luoghi che diventano casa.

La donna e il bambino si trovano a vagare tra le macerie, reali e metaforiche, della vita che fu, provando strade per arrivare a qualcosa di nuovo. Le loro due terre d’origine, così diverse, paiono uguali, quasi si confondono. Passare da Messina a Reggio Calabria e viceversa è semplice quanto camminare tra la polvere senza meravigliarsi dei morti.

Quando tutto finisce c’è la possibilità, però, di ricominciare da zero. Si può essere chi non si è mai stati, ci si può reinventare e riscoprire.

“Mentre strofinavo le braccia e le gambe mi concedevo di piangere, rilasciando le lacrime trattenute, allora mi sentivo osservata da due occhi di bambino, due occhi che non sapevo riconoscere: mi fissavano immobili, con lunghe ciglia nere, e a poco a poco mi calmavano.” La vita di Barbara ricomincia, come quella di Nicola. Entrambi però non smetteranno mai di portare dentro la tragedia che gli ha cambiato la vita, sceglieranno semplicemente di sfruttarla per vedere tutto da una nuova prospettiva. 

Barbara non abbandonerà mai le sue letture, le sue passioni e le sue ispirazioni. Leggerà sempre Matilde Serao, cercando forza nelle donne forti che hanno fatto la differenza. Diventerà consapevole che “leggere non è un mestiere”, ma non smetterà di volerlo fare.

Nicola, invece, si chiuderà in totale mutismo. Sarà accolto da una nuova famiglia, porterà con sè i suoi incubi ma anche, sopratutto, gli occhi di Barbara.

In un finale forte e inaspettato, Trema la notte ci regala un racconto sinceramente salvifico.

Nadia Terranova in questo romanzo sa, con il suo stile delicato e la sua capacità di narrare scavando a fondo, raccontarci della possibilità di ripartire da sè, di scegliere di ricostruire, di far nascere un fiore sulle macerie. 

Barbara e Nicola diventano, nelle sue pagine, il simbolo dell’antico sud, il pretesto per raccontare l’Italia di un tempo e poi, finalmente, l’emblema di una rinascita forte e consapevole. Con loro conosciamo la sofferenza vera, quella che non passa mai ma dalla quale non si deve scegliere di scappare. Alla tragedia segue una salvezza solo se ognuno di noi sa coglierla e la scrittrice lo sa talmente bene da saperlo raccontare magistralmente.

Trema la notte è un romanzo che fa male, in cui la brutalità a volte ci fa arricciare gli occhi. Il libro si legge tutto d’un fiato perchè ci trascina dentro una storia che ci insegna come funziona la vita, quanto cruda possa essere e come sia possibile navigarci dentro. La vita, tra le pagine di Trema la notte, diventa più forte della morte.

“Sopra i detriti di ciò che era caduto si ricominciava a costruire, e se c’erano morti sotto le nuove fondamenta, pazienza: la città sarebbe rinata sui cadaveri.”

Trema la notte è il romanzo in cui il dolore fa il paio con la salvezza, senza lotte ma in assoluta continuità. Quando tutto crolla ripartire, chiudere nel modo giusto i conti con il passato, è l’unico vero modo per non perdersi ma diventare finalmente, realmente liberi.

“Questo non è il libro che pensavo di scrivere a vent’anni, ma così poche volte diventiamo ciò che da giovani crediamo di essere.” scrive alla fine Nadia Terranova, erigendo Barbara ad emblema di una vita che, per il sol fatto di aver lottato per costruirla, diventa perfetta in ogni sua imperfezione.

Trema la notte di Nadia Terranova, edizioni Einaudi. Biro & Taccuino

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