“Buchi bianchi” di Carlo Rovelli: recensione libro

«Che brava! Brava!» Carlo Rovelli ha risposto così all’osservazione che mi sono permessa di fargli (sudando sette camicie per la vergogna) al firmacopie post presentazione milanese del suo recentissimo libro, a sua detta il suo più semplice e leggibile: BUCHI BIANCHI, edito da Adelphi Edizioni.

Ovviamente il parto della mia mente a tratti “matematica” non è nulla di geniale, ma ha solo a che fare con una parola fondamentale nel processo di spiegazione della formazione di un buco bianco, ossia “rimbalzo”: il numero che contraddistingue questo libro nella collana Piccola Adelphi è 789, e per me è un numero che rimbalza, che torna indietro. Sette otto nove, nove otto sette. Quindi proprio perfetto per la teoria illustrata da Rovelli. Questo gli ho detto, e forse metterò nel cv quel suo «Brava!» che mi ha illuminata di soddisfazione grande (anche se mi sarei messa a piangere per la pura gioia).

Un libro di viaggio

Di cosa parla questo libro di viaggio nell’incertezza verso la scoperta di qualcosa che non si è mai visto ma che si può immaginare, questo racconto molto personale di cosa vuol dire andare a vedere, ossia fare scienza, da parte di un fisico teorico che ha compreso che le interconnessioni fra tutto, tutto quello che possiamo studiare, leggere, sentire, permettono al nostro cervello analogico di mettere in dialogo cose diversissime tra loro che cooperando creano scintille di genio? 

In un parallelismo con il viaggio di Dante nella Divina Commedia, racconta di una teoria che risuona nella sua possibilità di essere la realtà:

«Provo a raccontare come sono fatti i buchi neri, che vediamo nel cielo a centinaia. Cosa accade sul bordo di queste strane stelle, l’orizzonte, dove il tempo appare rallentare fino a fermarsi e lo spazio sembra strapparsi. Poi giù, dentro, nelle regioni più interne, fin dove tempo e spazio si sciolgono. Fin dove è come rimbalzare indietro nel tempo. Fin dove nascono i buchi bianchi.»

Rimbalzare

In parole poverissime, i buchi bianchi nascono quando muore un buco nero. Quando un buco nero, in cui tutto entra, muore, c’è un salto quantico e nasce un buco bianco da cui tutto esce. Fino all’orizzonte abbiamo la guida delle equazioni di Einstein (come Virgilio), poi vi entriamo, troviamo uno spazio enorme che si allunga e via via si stringe, come un imbuto, il tempo non esiste più, quelle equazioni cessano di funzionare, le abbandoniamo, ed entra in gioco la gravità quantistica, rimbalziamo,  siamo nel futuro di un buco nero, siamo in un buco bianco. 

«Un buco bianco è il modo in cui apparirebbe un buco nero se potessimo filmarlo e proiettare il film al contrario.»

E come Dante con Beatrice trasumana nel Paradiso, possiamo finalmente uscire a riveder le stelle.

Tempo, conoscenza, materia oscura, Noi

Al di là di questa sua teoria, spiegata in modo semplice e intuibile anche per chi come me non ha mai studiato seriamente Fisica, Carlo Rovelli ancora una volta ha il merito di far riflettere su temi che sono correlati alla Vita, alla nostra stessa essenza.

Il significato del Tempo, che non è assoluto ma cambia a seconda di chi osserva («i buchi bianchi… ci mostrano ancora una volta la vastità del grande fiume che è il dissiparsi verso l’equilibrio. L’eterna corrente di Rilke, ‘che trascina sempre con sé tutte le epoche attraverso entrambi i regni e in entrambi le sovrasta’.»).

La consapevolezza della limitatezza della nostra conoscenza, che non deve essere fonte di melanconia come per Dürer interpretato dallo scienziato Finkelstein, bensì di una «vertigine della leggerezza, dell’inconsistenza del tenue reale di cui facciamo parte».

Il tentativo di comprensione della materia oscura, quella misteriosa polvere invisibile che fluttua con la sua gravità nell’universo e che «potrebbe forse essere costituita proprio da miliardi e miliardi di questi piccoli, delicati buchi bianchi, che ribaltano il tempo dei buchi neri, ma non troppo, e fluttuano lievi nell’universo, come libellule».

Il rispondere alla domanda spontanea su a cosa serve teorizzare sull’esistenza dei buchi bianchi e cosa cambia se poi questa teoria viene verificata con una verità per me incontrovertibile: capire il mondo significa capire Noi. «Facciamo sempre l’errore di pensarci diversi dal mondo attorno a noi, pensiamo di guardarlo dal di fuori. Ci dimentichiamo che siamo come le altre cose. Che guardiamo le cose essendo come loro. … Anche quando cerchiamo di capire i buchi bianchi, non siamo pura ragione, non siamo parte di un mondo diverso dagli oggetti che cerchiamo di capire. Siamo processi guidati dalle stesse stelle.»

Lacrime di commozione. Sipario.

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Buchi bianchi” di Carlo RovelliAdelphi Edizioni. A Garamond Type.

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