“Triste tigre” di Neige Sinno, recensione: anatomia dello stupro.

“TRISTE TIGRE”  di Neige Sinno 

Vorrei subito dire che questo è un libro che ti ammutolisce, che le parole te le toglie, per cui tutto quello che adesso proverò a scrivere (indegnamente) è unicamente figlio della mia volontà di avvicinare chi ancora non l’avesse fatto, a questo testo. Perché è potente, enorme, profondo, non solo per quello che racconta, ma per le riflessioni che genera.

Non è un romanzo, non è un’autobiografia (pur essendo autobiografico), non è un diario, non è un memoir, non è un saggio, ma allora “Triste tigre” cos’è?

Io lo definirei “l’anatomia dello stupro”.

Dello” e non “di uno” (stupro) perché non ci ritroviamo solo al cospetto della storia di un patrigno che abusa ripetutamente per anni di una bambina, non è solo il racconto di quello che ha dovuto subire l’autrice (dai 7 ai 14 anni!!!), ma è un’esplorazione trasversale della violenza, c’è la volontà di esaminare la figura dello stupratore, il suo stare nel mondo, i danni delle vittime, la questione del consenso (inesistente nel caso di un bambino), il silenzio che avvolge la maggior parte degli abusi, lo stupro nella letteratura, i limiti di una narrazione inficiata dall’impossibilità per chi scrive di essere completamente sincera pur non mentendo mai…

“State attenti alle mie affermazioni, si presenteranno sempre mascherate.

[…] Non c’è nessuna sincerità possibile, nemmeno una bugia. Il mio spazio, quello davvero mio, non è in queste righe, esiste solo dentro.”

Neige Sinno dichiara ripetutamente di non avere nessuna certezza, si pone continuamente degli interrogativi per i quali non ha risposte assolute.

Lei analizza, studia, e lo fa da una prospettiva non solo personale, ma anche sociale, scientifica… umana.

E con ogni sua analisi ti fa precipitare in un gorgo di riflessioni mai esplorate prima.

“Com’è possibile che una bambinetta attiri lo sguardo di un uomo? 

Cosa vede lui quando la vede?

Che cosa potrà mai esserci di erotico in un esserino con le ginocchia coperte di croste, con ancora tutti i denti da latte, capace di passare un’ora a cercare di acchiappare le lucertole tra i sassi caldi del pomeriggio?

L’innocenza, ecco cosa c’è da vedere, la più pura innocenza. E ad attirare, forse, è semplicemente la possibilità di distruggerla.”

Ecco di cosa è sicura la Sinno: che lo stupro sia più una questione di potere che di sesso, che lo stupratore fa quello che fa “perché può farlo”, perché è nella posizione di poter “dominare”.

Come se la violenza fosse una sorta di potenziale sempre presente, anche quando inesploso.

Processo pubblico

L’autrice ha impiegato anni a decidersi di denunciare il suo patrigno, ma quando l’ha fatto ha scelto anche di affrontare un processo pubblico, affinché tutti sapessero, sentissero, vedessero, pur consapevole delle conseguenze.

I famosi panni sporchi che si devono lavare in casa…

Sì perché quando si sceglie di denunciare si va incontro al disonore, all’allontanamento e, soprattutto, si perdono molte cose: la famiglia innanzitutto, poi il paese in cui si vive, e infine si perde la propria infanzia con le sue illusioni.

Ma questi panni sporchi non sono poi così privati nel momento in cui sono presenti nel segreto di migliaia di famiglie, quindi il disonore non è certo di chi denuncia, semmai di tutti noi.

A distanza di 20 anni, quando ha scritto questo libro, si è chiesta cosa abbia guadagnato da tutto questo parlarne…

La verità.

Ma cosa sia esattamente la verità lei ancora non è in grado di dirlo.

Un libro importante, uno di quelli che si definiscono “necessari”.

Forse non per l’autrice, lei non crede nella scrittura come terapia nè ritiene che la letteratura l’abbia “salvata“, non c’è nessun lieto fine e mai ci sarà fino a quando anche un solo bambino sulla Terra subirà uno stupro.

Ma è necessario per noi, per chi legge, affinchè storie come questa escano fuori dalle mura domestiche e non cadano nell’oblio o, peggio ancora, vengano annoverate nella “normalità“, fra le cose che semplicemente accadono; è necessario per chi magari vive una situazione simile ed è schiacciato, soggiogato, ammutolito dal dolore e dalla vergogna…”per chi non arriva alla maniglia“.

Questo libro è un gancio in mezzo al cielo per chi si sente irrimediabilmente danneggiato.

“DAMAGED FOR LIFE”

Danneggiata per sempre. Questo è.

Perché quando si subisce un abuso da bambini si subisce un’umiliazione così profonda e radicale che distrugge anche tutto quello che verrà dopo.

Quando si è vittime una volta, si è vittime sempre“. 

E per sempre.

Ma attenzione, non c’è un solo rigo in tutto il libro in cui si respiri autocommiserazione o vittimismo. Mai.

P.s.: Premio Strega Europeo 2024, stra-meritato.

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“Triste tigre” di Neige Sinno, Neri Pozza editore . Un libro tra le mani.

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