“Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino: il Calvino sperimentale dei giochi letterari

IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI di Italo Calvino 

(Mondadori editore)

Prendete due mazzi di tarocchi, quelli viscontei disegnati nel ’400 da Bonifacio Bembo e quelli di Marsiglia, e provate a costruire dei racconti, magari ambientati in un immaginario fantastico medioevale, a partire dalle immagini raffigurate sulle carte, racconti capaci di racchiudere più storie e che tali storie siano diverse a seconda della direzione in cui guardiamo i tarocchi, che abbiano quindi significati diversi a seconda che si legga dall’inizio o dalla fine.

Figure che diventano un insieme di “possibilità“, in quanto ogni immagine contiene in sé infinite letture.

Difficile eh.

Non solo difficile, direi geniale.

E difatti geniale è stato Calvino nel creare e costruire la struttura narrativa che sta all’origine di questo libro.

Ha immaginato degli avventori che si recano in un castello-locanda dopo aver attraversato un bosco e, una volta lì, si accorgono di non poter più “parlare“, allora trovano il modo di comunicare e raccontarsi attraverso il mazzo di tarocchi messo a disposizione dall’oste, e danno così inizio a queste “storie mute” ma molto eloquenti, ricche di avventura e con molteplici riferimenti letterari, su tutti “L’Orlando Furioso”.

Due Calvino

Io ho capito che per me esistono due Calvino, uno che mi piace moltissimo ed un altro che, pur ammirando, non amo particolarmente leggere: quello che mi piace tanto e che mi coinvolge è il Calvino de “I sentieri dei nidi di ragno” o quello de “Gli amori difficili“, mentre quando intraprende percorsi narrativi estremamente sperimentali, come in questo caso e come in “Una notte d’inverno un viaggiatore” faccio molta fatica a stargli dietro.

Il mio problema, di fronte ad opere di questo genere, è che ne percepisco certamente il genio, ma rimangono per me solo degli esercizi letterari, quasi una sfida intellettuale che l’autore gioca con se stesso e che, per quanto strabiliante e complessa, non riesce ad appassionarmi e che mi affatica portare a termine.

Dopo le prime storie, che ho trovato molto interessanti, è subentrata la ripetizione ad oltranza dello stesso meccanismo, e questo a lungo andare mi ha come “alienato“, rendendo alla fine la lettura estenuante e ripetitiva (già adesso non ricordo più un solo racconto, ma solo un insieme confuso di situazioni simili aventi sempre, più o meno, gli stessi protagonisti).

Per me è un libro che va letto unicamente dal punto di vista della sperimentazione, un gioco letterario concettualmente interessante, ma solo ed esclusivamente questo.

Che, per carità, non è assolutamente poco, ma non è quello che cerco io quando leggo.


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“Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino, Mondadori editore . Un libro tra le mani.

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