“Il volo sopra l’oceano” di Matteo Porru: recensione libro

I vuoti sono delle perdite. Mancanze, foreste nere, dalle quali scappare perché tutto risuona amplificato, doppio. All’interno c’è quello che avresti voluto abbracciare per stare bene. Poi ti allontani da quelle voragini e pensi che per vincere le bocche sdentate, che ingoiano l’ulto di tutti i silenzi, devi iniziare a sperare. Così non possono scolorire i temporali che sono il ricordo e la voce di ciò che resiste in un nome, in un profumo, senza conoscerli davvero.

Ti accorgi che nei vuoti non ci stanno le risate. Riempirebbero gli spazi con il loro suono e sentirle significa avere orecchio per la vita. Cerchi, quindi, di ricostruirne l’impatto, la scintilla che ha innescato il fuoco. Pesare le parole, i sentimenti, le emozioni, potrebbe apparire una diminuzione piuttosto che la somma di stati d’animo che si cercano, si scelgono, si vivono, sulla base di un vuoto da riempire. Non esiste la forma esatta delle cose, delle percezioni. Ognuno le modella come può evitando di sentirsi a disagio, disorientato, inappropriato ai canoni imposti dalla società, dalle tendenze, dagli effetti culturali di un’epoca.

In Il volo sopra l’oceano di Matteo Porru conosci i tormenti di Michele Prato, un ventriloquo in pensione, in volo per l’isola spagnola Gran Canaria. Pensa che se l’eterno avesse un colore sarebbe un tono di blu. Michele ha paura dell’areo, è anziano e preferisce la solitudine all’emarginazione. Con sé ha un bagaglio leggero, in realtà è il più pesante che abbia mai trasportato. In quel biglietto di sola andata c’è tutto quello che lo ha condotto fino a lì. Il suo posto è accanto a un ragazzo. Si chiama Jonathan e le cuffie che porta per ascoltare musica si sono rotte per cui non gli resta che chiacchierare, per quattro ore, con Michele. Il giovane gli pone molte domande, ma gli parla anche alla pari. L’anziano è uno che sa ascoltare. In fondo, anche lui è stato un bambino solo costretto a volare con la fantasia per ingannare la realtà per l’assenza del padre e l’indole nostalgica della madre. C’è qualcosa però che Michele Porru vorrebbe confidare: il segreto che l’ha fatto salire su quell’aereo.

Il romanzo è introspettivo, curato nella scrittura e nella costruzione della storia. La narrazione è l’inizio e la fine di un punto che si allarga nella misura di un racconto intenso. È la rivelazione di concetti intimi, ma universali che non conoscono la banalità. La scrittura è chiara, pulita, suggestiva.  

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“Il volo sopra l’oceano” di Matteo Porru, edizioni Garzanti.  Dream Book.

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