La traduzione in tre libri

Immaginate la bellezza di poter osservare qualcosa e comprenderne istantaneamente il significato. Immaginate di trovarvi fra le mani un libro con un linguaggio univoco che non possa essere travisato. Succede con i dipinti magari, ma non con i libri. La letteratura è da sempre vittima e carnefice della lingua e delle sue traduzioni. Affrontiamo oggi tre autori, tre libri, il concetto della traduzione.

Elvira Sastre – La solitudine di un corpo abituato alla ferita

“Qual è la differenza tra/ solitudine e destino/ Mi hai chiamato isola:/ hai voluto abitarmi, far crescere la tua pelle/ sulla mia terra, dissolvere/ il mio inverno protetto e illuminare/ l’abbandono meditato della sabbia”

Mi sono chiesta se queste poesie le sentissi lontane per il tipo di poesia, per la forma magari. Se fosse per la traduzione? Se si fosse perso il suono delle parole, la sua musicalità?

Uno degli aspetti della traduzione è questo. Ma qui, nella pubblicazione di Garzanti, non sappiamo nulla del traduttore, non abbiamo idea nemmeno se l’originale fosse una lingua spagnola con qualche influenza magari del nord. Dobbiamo semplicemente fidarci.

E su questa fiducia, allora, non sono riuscita ad apprezzarle.

Guadalupe Nettel – Petali e altri racconti scomodi

“Be’, le sembrerà strano, ma le piante sono peggio degli animali: o le curi o muoiono; in poche parole, sono un ricatto costante”

Petali e altri racconti scomodi è stata per me un’esperienza divertente. Racconti di cose anormali vissute come normali. Racconti personali di parafilie.

Parliamo de La Nuova Frontiera che è una delle poche case editrici che riserva uno spazio di pari importanza alla figura del traduttore: si legge il suo nome non appena si sfoglia. Lo si legge nella terza di copertina.

Del resto se possiamo leggere la traduzione dallo spagnolo (Messico) all’italiano è solo grazie al traduttore. Siamo passati da un testo che ignora questa figura ad un testo che invece quasi le rende omaggio. E che ringrazia il lettore di essere arrivato fino alla fine.

Mentiras – a cura di Marco Ottaiano

“Si accorse che l’infedeltà non era altro che la morte, e vide infine aprirsi la porta del forno in cui il suo corpo sarebbe stato cremato. In quell’istante le forze lo abbandonarono e si lasciò cadere pesantemente”

Marco Ottaiano è solo il curatore della collana di Alessandro Polidoro Editore e non compare mai. Sceglie di restare dietro le quinte per poter dar voce alla traduzione del tradimento e al tradimento della traduzione.

I 15 racconti provengono dal mondo ispanico, oltre il confine spagnolo. La lingua è stata tradotta dalle studentesse de L’Orientale di Napoli. Studentesse che hanno svolto un lavoro eccellente pur non essendo menzionate singolarmente.

Così fra le mani abbiamo una raccolta di racconti, Mentiras, che è il frutto di un tradimento, quello della lingua. E nella prefazione di Marco Ottaiano tutto questo viene evidenziato.

Si tradisce non solo fisicamente, ma anche con la sola traduzione di una parola. Se ne modifica l’intento, il ritmo e lo si traduce in qualcosa di più vicino ma mai nella stessa identica cosa. E così il lettore non potrà fare altro che affidarsi completamente.

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