La perdita in tre libri

I libri nascondono molteplici punti di vista, fili rossi che riescono a unire e che intrecciano le vite di storie completamente diverse fra loro. Tre autori, tre libri, una perdita.

Italo Calvino – Il visconte dimezzato

Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane.

Proprio sul gruppo di BookAdvisor un lettore, non troppo tempo fa, aveva espresso la sua personale opinione in merito a quest’opera di Calvino. Non riusciva a comprenderne il senso, troppo infantile e poco avvincente.

Calvino è un autore che va insegnato. Per questo la filosofia dietro Il visconte dimezzato non la si vede. Calvino stesso, in una delle prefazioni successive alla prima pubblicazione del romanzo (1952), spiega al lettore che Medardo, il visconte, altro non è che la figura dell’uomo contemporane, quella spezzata, divisa. La ricerca costante di un senso di completezza che non può essere raggiunto. Non lo si poteva raggiungere nel 1952 e non lo si può raggiungere neanche oggi, nel 2020.

La perdita è proprio qui, allora. Nella nostra costante ricerca di qualcosa che sentiamo di aver perso. L’incompletezza di un’anima e di un corpo.

Almudena Grandes – Troppo amore

Era troppo amore e non sapevamo gestirlo, potevamo solo sorbirne il veleno fino all’ultima goccia.

Troppo amore è stato uno di quei libri letti, prestati, mai restituiti e ricomprati e regalati. Per qualcuno troppo comune, per altri eccessivamente sporco. Pubblicato per la prima volta nel 2004, ancora oggi lascia interdetti molti lettori.

La Grandes riesce invece a raccogliere sotto lo stesso tetto tre figure giovane, se ne prende cura e le fa crescere fino a quando non si intrecciano. Come fossero rami di una pianta rampicante. Immaginate l’edera, ad esempio. Cresce e ricopre tutto fin quando non la si deve potare.

Troppo amore è l’unione di tre identità costrette ad essere potate. Tutte e tre perderanno una parte di loro nella potatura, saranno tre anime incomplete per il resto della vita. Si parla qui di poliamore che non deve mai essere confuso con strane pratiche sessuali tendenzialmente riconducibili al mondo della politica, bensì ad una condivisione di sentimento. Una condivisione che si interromperà bruscamente, lasciando le loro ferite scoperte.

André Aciman – Ultima notte ad Alessandria

Mi capita sempre, appena prima del tramonto e pochi minuti dopo il tè: un senso di completezza, quasi di gioia. Sai, ho ottenuto tutto quel che volevo. Non male per un ottantenne, eh?

Il prozio Vili è l’unico a percepire un senso di completezza. Aciman racconta qui la sua fuga da Alessandria d’Egitto con gli occhi di un bambino. Si parla di un libro pubblicato nel 1994, di un libro che guarda al singolo, all’individuo che esprime a parole uno strappo subito dagli europei cacciati dall’Egitto.

La perdita è evidente. Si perdono le radici create, si perde l’abitudine e la propria vita. Si perde quel senso di appartenenza creato con l’ecosistema.

Aciman era un tutt’uno. All’improvviso era solo tanti brandelli di una giovane vita fatta di racconti e primi tramonti visti. Si perdono odori, sapori e colori.

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