Perché si dice “mammalucco”?

Buongiorno e ben trovati al nostro appuntamento con #etimologioia, l’unica rubrica che aiuta a superare meglio lo shock da primo giorno della settimana.

Oggi vedremo l’origine di una parola che da sempre mi sta simpatica per come suona, ossia “mammalucco”.

Questa è una di quelle parole che vengono da lontano ma neanche tanto lontano, infatti questo termine deriva dall’arabo “mamlūk” che significa letteralmente “schiavo comperato”. In seguito Mammalucchi fu il nome con cui furono chiamati gli appartenenti a quelle milizie turche e circasse, originariamente formate da un corpo di schiavi provenienti dal cuore dell’Asia e convertiti all’islam che, fra il secolo 13° e il 16° acquistarono grande potere politico in Egitto.
Le sorti di questa milizia si svincolarono presto da quelle del califfato: essa gli sopravvisse a lungo, acquisendo, oltre al suo precipuo ruolo militare, anche competenze amministrative. In altri termini, pure se formalmente i governi di molti stati mediorientali erano retti da sovrani legittimi, a governare erano in effetti i mamelucchi; in particolare, in Egitto, per molti secoli il loro potere fu incontrastato – tanto che nemmeno l’avvento degli Ottomani, a cui si sottomisero nel ‘500, cambiò di molto la situazione; essi furono poi definitivamente sconfitti da Napoleone I.

Nel linguaggio comune però il termine mammalucco identifica una persona sciocca, goffa.

Come è che il nome di un’antica milizia mediorientale diventa un sinonimo di sciocco?

Inutile star qui a lambiccarci il cervello cercando un nesso fra le cose, perché un nesso non c’è.
Diciamo che il “problema” sta nel suono che questa parola ha in italiano.
I linguisti, in questi casi, parlano di “simbolismo fonetico”: una parola disegna il suo significato col suo suono. Questo fatto ci invita a differenziare il modo di scrivere questa parola a seconda del senso: il mamelucco indicherà più facilmente il nome della milizia, il mammalucco, quello dello sciocco.

Spiegato l’arcano che non esiste, direi che il mio lavoro qui è finito e nel salutarvi vi ricordo che ci rivediamo sempre qui il prossimo lunedì. Stesso posto, stessa ora e se vedo che non vi presentate vi metto una nota sul registro.

Etimologioia, una rubrica a cura di Donatella Maina Gioia su The BookAdvisor.

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