Libri in pillole

“La fatica dei materiali” di Marek Šindelka: recensione libro

Prima di cominciare a leggere questo libro prendete in mano il vostro cuore e appoggiatelo con cura accanto a voi. Poi iniziate la lettura. E osservate, mentre leggete, la sua iniziale dimensione, osservatelo gonfiarsi e sgonfiarsi a ritmo frenetico quando il battito si fa più intenso, ascoltatelo mentre accelera lasciando che scandisca anche il ritmo della lettura. Perché serve esattamente il cuore per capire La fatica dei materiali, per metabolizzarlo, per tentare di entrare nella storia e vivere sulla vostra pelle la fuga di Amir e di suo fratello.

“Il motore ruggiva dietro la sua testa. Il movimento dei pistoni nei cilindri, l’odore inebriante del gasolio bruciato. Sudava. Il caldo era molto rapidamente diventato insopportabile. Arrivava calore da tutte le parti. Amir intuì che sul cofano doveva battere il sole. Fuori c’era il mondo, il sole splendeva. Gli sembrava incredibile. Secondo le previsioni nel giro di due ore era previsto l’imbarco”.

Due giovani profughi, due adolescenti, costretti a scappare dal loro Paese per raggiungere una città del nord. Poche opzioni davanti a loro, una sola priorità: lasciarsi alle spalle la propria terra, mettendo più distanza possibile tra le loro gambe e quell’adolescenza fratturata da colpi di mitra, bombe, mine antiuomo, da esplosioni, torture e uccisioni.

Scappano, Amir e suo fratello, per ritrovare la vita. Quella che gli è stata brutalmente sottratta solamente perché hanno avuto la sventura di nascere in un luogo dove non esistono abbracci, carezze, nemmeno sorrisi. Luoghi dove a regnare è la morte, la violenza, il terrore di essere raggiunti, imprigionati, privati prima ancora che della vita della semplice speranza di poter vivere.

“Ascoltava i loro passi. Uno scricchiolio di rami. Bisbigli. Ora dei suoi inseguitori sentiva persino il respiro. Erano lì. La luce delle torce illuminò all’improvviso l’intera struttura del solaio. I fasci di luce filtravano attraverso gli interstizi. Il ragazzo stava accovacciato sotto il fieno e cercava di trattenere il respiro. Aveva la bocca piena del sangue che gli usciva dalla lingua, da quando si era morso”.

Scappano, Amir e suo fratello, per ritrovare quell’umanità sgretolata dalla guerra perenne, quella stessa umanità distrattamente apprezzata da chi vive in Occidente ma che poi quando arriva il momento di doverla esibire magicamente scompare, perché mica c’è posto per tutti nel Paese dei balocchi. Così, dicono. Non c’è posto. E anche il viaggio, dunque, diventa un inferno: illegale, nascosto, disumano. Ma è un inferno più facile da domare se comparato con la guerra, un inferno dal quale si può uscire vivi. Perché poco importa se poi nel Paese dove si arriva si riceve una pessima accoglienza, poco importa la superficialità con cui ti affibbiano l’etichetta di terrorista, poco importano gli sguardi torvi o i passi accelerati di chi ti incontra per strada: Amir e suo fratello vogliono rimettere le mani sulla vita, e sono disposti a tutto per riuscirci. Anche a superare prove sovrumane, perché seppur flebile intravedono davanti ai loro sguardi stanchi una piccola fiammella: è la speranza, che può affievolirsi, può sembrare sul punto di spegnersi, ma invece rimane lì ed è capace di attirare a sé con una forza irresistibile. Una luce calda, colorata, amica, una luce che deve essere raggiunta, perché è esattamente lì che può cominciare un nuovo giorno.

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“La fatica dei materiali” di Marek Šindelka, edizioni Keller. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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