Di Versi in Versi: “Humanitas” di Riccardo Magni

Per “Di Versi in Versi”, vi proponiamo la lettura di “Humanitas”, di Riccardo Magni, edito da Prometheus.

Per “Di Versi in Versi”, vi proponiamo la lettura di “Humanitas”, di Riccardo Magni, edito da Prometheus.

Un esordio fatto di conoscenza della parola

Humanitas. Ha voluto chiamarlo così il suo esordio poetico (edito da Prometheus) il – decisamente – promettente Riccardo Magni. Un percorso che si snoda tra diverse dimensioni dell’essere umano, inserito in una collettività che ha il dovere di non ignorare. Ce lo dice lui stesso, nell’introduzione a questo lavoro poetico che è essa stessa propedeutica per carpire lo spirito, la voce di questo giovane poeta 22enne che ha già ben salda tra le mani, o meglio sulla punta della penna, la semantica delle parole e della loro versificazione.

«Nelle prime tre sezioni – scrive infatti l’autore nell’introduzione – si descrive l’uomo in quanto facente parte di una collettività, una collettività che ogni uomo ha il dovere di riconoscere come parte di sé e di migliorare qualora si accorga che essa stia andando alla deriva».

Il principale elemento che salta all’occhio, nella lettura critica e totale dell’opera, è la presenza di un ordine preciso. Perché si è poeti, certo, ma la poesia la si fa anche. Si sceglie la parola che meglio “racconti” l’immagine scelta, si colloca l’opera in un terreno definito, fatto di diramazioni e anche divagazioni, ma pur sempre preciso, puntuale, non improvvisato. Essere poeti non può prescindere da questo processo di lavorazione. Magni sembra averlo compreso bene, nonostante la giovane età, nonostante “Humanitas” rappresenti di fatto il suo esordio (dopo diverse pubblicazioni in antologie e partecipazione a importanti concorsi di poesia). Magni è e fa poesia e leggendo la sua opera prima lo comprendiamo.

Quattro sezioni: dall’arte all’io poeta

Quattro le sezioni della raccolta, dunque. Si parte dall’«uomo che scopre l’arte (Mimesis)», dove i versi diventano essi stessi meta-protagonisti dei componimenti, che hanno un sapore di innocenza, avulsa però dall’incoscienza, al contrario pregna di conoscenza:

«Il verso nasce da un sogno

o da un sorriso sbocciato

sulla panchina di una stazione,

nel primigenio silenzio dell’alba».

E la Musa appare ai nostri occhi. E con essa l’Amore, che si invita ad andare, sapendo «che un pezzo di te l’ho tolto / dalle grinfie dei giorni, / dai denti degli anni, / dal fiume del tempo».

Hanno un sapore di antico i versi di Magni, e al contempo la limpidezza del contemporaneo, come quando si sottrae la polvere da un vecchio libro in soffitta, che scopre nuovi e diversi occhi a interpretarlo.

E di fatti l’uomo antico emerge – come ci racconta lo stesso Magni – nella seconda sezione, Mediterraneo, «luogo di incontro di culture, in cui nacquero la civiltà, la cultura, l’arte, la filosofia, la politica». Ma è in particolare nella terza sezione, Esodi, che la voce di Magni emerge e splende, protesa e immersa in quella collettività che si guarda con senso di apertura e responsabilità verso il mondo tutto:

«resteremo ancora aggrappati alla vita,

come l’edera più verde

che vive e respira

nel silenzio delle strade

di Sarajevo».

L’autore: Riccardo Magni

E infine l’io poeta, nella quarta sezione, non a caso chiamata “A me stesso”, dove permane questo senso di collettività, che pure parte dall’individuo:

«E resto,

tra le colonne

e il peripato del mare

continuo a restare

in attesa del viaggio».

Humanitas è un libro con tutti i crismi. Non è un tentativo, che pure si sarebbe perdonato, di fare poesia. Humanitas è. E ci racconta che tutti noi siamo.

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