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“Un amore” di Dino Buzzati: storia di una manipolazione

Ci vuole fiato per fare sport: se sei fuori forma lo capisci subito. I polmoni bruciano, i muscoli chiedono pietà.Per alcuni libri è lo stesso: ci vuole fiato. Questa cosa l’ho capita con le riletture di romanzi che avevo già incontrato in passato.

Un amore di Dino Buzzati il fiato te lo toglie, letteralmente. Per la vicenda narrata, per la lingua utilizzata.
La mescolanza delle due nelle mani di Buzzati diventa un magma infuocato che tu lettore sai essere fatale eppure continui a guardare senza riuscire a far altro.
E allora leggi. Avido, stordito, sfiancato, fino alla fine.

Quadro italiano

La Milano in cui Antonio e Laide mettono in scena la propria (infelice) esistenza è quella degli anni 60.
La legge Merlin, che aveva messo fine alla prostituzione nelle case chiuse, era stata approvata solo due anni prima.
Interi quartieri descritti nel libro oggi non esistono più ma in quei “favolosi anni ’60” accanto alla Milano che iniziava a correre, patinarsi e abbellirsi, le case umide, i vicoli bui, la povertà di alcune vite erano ancora realtà molto concrete.
Antonio Dorigo è un architetto affermato. Creativo nel suo lavoro, opaco nel privato.
Cinquant’anni vissuti con monotonia un giorno dopo l’altro. Qualche soddisfazione, sì, ma nessun picco, nessuna vera emozione.
Fino a quel giorno di febbraio, in cui a casa della signora Ermelina incontra la Laide. Una ballerina della Scala, nientemeno.
Non bellissima ma affascinante. Non gentile, ma accondiscendente.
A casa dell’Ermelina ci sono solo ragazze perbene, vendute un tanto all’ora a uomini perbene: per mantenere una facciata di borghese rispettabilità dall’Ermelina si va a provare dei vestiti. Poi, si va di là.

Un titolo doppio

Un amore, dice il titolo. Quell’articolo indeterminativo sarà per Laide? Antonio è solo un amore fra tanti? Oppure quell’uno è per lui, perché la Laide è l’unico vero amore della sua vita?
Laide è una contraddizione vivente; da un lato giovane milanese con pose da signorina snob, dall’altro prostituta che si concede a chiunque le possa dare anche solo cinquemila lire. La sua figura spella i nervi del lettore a ogni pagina, eppure risulta magnetica.
Antonio è un architetto borghese. Benestante anche se non veramente ricco, cliente regolare della signora Ermelina dalla quale si fa procurare ragazze possibilmente giovani.
Non una volta che Buzzati lo disegni prepotente, anzi. Antonio è vittima della sua bruttezza, è invidioso dei suoi coetanei che, seppur non particolarmente prestanti, riescono ad avere successo con le donne. Lui no, non sa cosa dire, non sa come agganciarle, figuriamoci farle innamorare.

D’amore e di incertezze

Etichettare come “strano” il rapporto che si instaura fra Antonio e Laide sarebbe riduttivo.
C’è manipolazione, ma c’è anche tutta la potenza di un amore cieco. Sbagliato si direbbe da fuori. Ma chi siamo noi per giudicare? L’ambiguità resta, così come la speranza di prendere fiato, ogni tanto, durante questa storia.
E invece niente, Buzzati usa tutta la crudeltà di cui è capace per tenerti giù, in apnea, nella folle dipendenza in cui cade Antonio.
Del resto, chiunque abbia provato la follia di un amore straziante sa quanto sia difficile camminare sul crinale quando il sentimento viene riposto nelle mani di qualcuno capace di tenerti in pugno.


Link letterari

Un amore viene spesso accostato a Lolita di Nabokov.
Fra i due romanzi ci sono solo quattro anni di differenza (Nabokov scrive Lolita nel 1955, Buzzati nel ’59, anche se verrà pubblicato solo nel 1963).
Entrambi i romanzi narrano di un amore di uomo per una ragazza molto più giovane.
Per me, però, le similitudini finiscono qua. Le due figure femminili sono profondamente diverse e diversa la dipendenza che gli uomini hanno da loro. L’ambiente – la frenetica Milano degli anni 60 contrapposta alla sonnacchiosa cittadina del New England – così come la lingua e lo stile ne fanno due romanzi davvero dissimili.
Il mio personale link letterario di Un amore è piuttosto con Il diavolo in corpo di Reymond Radiguet. Storia e ambientazioni completamente diverse (anche qui una fotografia storica e sociale molto efficace) ma stessa follia di amore cieco e – soprattutto – stesso piacere nel potere e nella manipolazione.

“Un amore” di Dino Buzzati, edizioni Mondadori. Spaziomentale.

Roberta Frugoni

Copywriter per lavoro e passione. Amante dell'arsenico e vecchi merletti, mangio la pasta solo se è al dente e mi lascio conquistare dalle riletture. Nel tempo libero fotografo e collaudo amache.

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