I giorni dell’abbandono, Elena Ferrante. La devastazione di una storia che finisce.

Un romanzo potente sui sentimenti ambivalenti di chi viene lasciato.

Potrebbe definirsi storia di un doppio distacco questo intenso romanzo di Elena Ferrante, I giorni dell’abbandono, nel quale l’autrice descrive con maestria l’abbandono coniugale e quello verso se stessi, quando, sentendosi per la prima volta metà di un tutto che non c’è più, ci si lascia andare ai sentimenti più degradanti.

E’ quello che avviene a Olga: dopo quindici anni di serena vita matrimoniale e due figli, il marito le comunica all’improvviso la decisione di lasciarla. Le sue parole sono pacate e composte, ma lasciano dietro di sé una donna impietrita e incredula.

IL DOLORE DELLA PERDITA

Splendido l’incipit del libro, dove poche frasi tratteggiano le caratteristiche dell’uomo, la vita coniugale dei protagonisti e la devastazione senza rumore che provocano le sue parole.

Olga si ritrova così da sola, in una Torino che le appare estranea, imprigionata in un crescendo di sentimenti violenti che non riesce a controllare, contravvenendo alla sua abituale autodisciplina che, per reazione alla chiassosa famiglia d’origine, si impone da sempre. In un doloroso processo di elaborazione della perdita, la donna si trova ad affrontare situazioni che la espongono in prima persona, dovendo sostituirsi al marito, e soprattutto è costretta a violare il velo di apatia che le cala addosso dopo la fase iniziale della rabbia e delle ingiurie.

Come un inaspettato fenomeno di ipnosi, affiorano alla sua mente ricordi della sua infanzia napoletana che credeva dimenticati. Su tutti, quello della “poverella”, una donna abbandonata dal marito che si lascia andare a una disperazione senza argini, perdendo persino il nome e venendo indicata da tutti con quell’aggettivo colmo di pena e di incredulità.

I GIORNI DELL’ABBANDONO: DIFFICILE PROCESSO DI RINASCITA

I giorni dell’abbandono – copertina

Colpisce la lucidità con cui la protagonista, proprio quando è sul punto di sgretolarsi, abbandonandosi a un progressivo abbrutimento che le impedisce di compiere anche le azioni quotidiane basilari, vede se stessa. Ed è lo stesso sguardo, in parte pietoso, in parte sgomento e giudicante, che abbiamo noi nei suoi confronti, come se partecipassimo, pagina dopo pagina, alla sua lotta, e ci sentissimo, alla fine, parte integrante del difficile percorso verso la risalita.

La penna della Ferrante in questo libro offre, a mio avviso, più che in altre opere, il vero senso della sua scrittura, capace di tessere con un linguaggio potente e cinematografico le emozioni e le ambivalenze dei suoi sfaccettati personaggi.

Un romanzo vivo, profondo, coinvolgente, a tratti disturbante, che evidenzia con meravigliosa chiarezza le straordinarie doti narrative di Elena Ferrante.

IL VINO

Le pagine di questo libro si abbinano perfettamente a un bicchiere di Sagrantino di Montefalco DOCG, vino potente, intenso, con note antitetiche di cuoio e vaniglia e un finale lungo e persistente come la scrittura della Ferrante.

LE CITAZIONI

Il film

“Lo guardai attentamente. Era proprio così, non c’era più niente che mi potesse interessare di lui. Non era nemmeno una scheggia del passato, era solo una macchia, come l’impronta che una mano ha lasciato anni addietro su una parete.”

“Mi sedetti alla scrivania. Avevo da tener fermo qualcosa, ma non ricordavo più cosa. Di fermo non c’era niente, scivolava via tutto. Fissai il mio quaderno, i tratti rossi sotto le domande di Anna come un ancoraggio. Lessi e rilessi, ma gli occhi passarono sopra a quelle domande senza capire. Avevo qualcosa che non funzionava nei sensi. Un’intermittenza del sentire, dei sentimenti. A volte mi ci abbandonavo, a volte me ne spaventavo”.

I giorni dell’abbandono, Elena Ferrante, Edizioni E/O, a cura di Sopra le righe.

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