I baffi, famoso romanzo di Emmanuel Carrère, inquietante, a tratti disturbante, è un viaggio senza meta nelle imprevedibili conseguenze di un gesto ordinario. Quello, compiuto dal protagonista, di tagliarsi i baffi, che porta da sempre, per sondare la reazione della moglie. Ma la reazione attesa non arriva e, anzi, da questo momento inizia a delinearsi un universo da incubo, dove l’aspetto onirico si unisce alla realtà, sebbene la realtà non sia più la stessa.
Il protagonista inizia così a chiedersi se stia impazzendo, o se, invece, sia la moglie a manifestare i primi sintomi di uno squilibrio mentale che la porta a negare l’evidenza. Dilaniato dai dubbi, l’uomo si domanda se non sia vittima di un mostruoso scherzo della donna, ordito con la complicità di amici e colleghi. E se fosse uno scherzo, deve stare al gioco o sconfessarlo? D’altronde, se la moglie è capace di spingere uno scherzo fino alle sue estreme conseguenze, non significa che è comunque affetta da un disturbo della personalità? E, in questo caso, dovrà assecondarla o lasciarla? Sono queste le domande che stritolano il protagonista in un vortice di incertezze e timori.
Un romanzo sul disfacimento dell’identità
Il romanzo è un affaccio sugli abissi delle paure più profonde dell’essere umano, a partire dal terrore di perdere la propria identità e di veder sgretolate in un attimo le granitiche certezze del proprio mondo. La doppiezza intesa come contrapposizione all’univoco sembra, d’altronde, ben rappresentata proprio dai baffi, elemento apparentemente innocuo, ma dal quale scaturisce un terribile effetto domino.
RIMANDI PIRANDELLIANI La storia, incalzante e avvincente, soprattutto nella prima parte, ricorda quel disfacimento dell’identità magistralmente narrato da Luigi Pirandello in Uno, nessuno e centomila e, nella seconda parte, il desiderio di svanire e ricostruirsi altrove de Il fu Mattia Pascal.
“Doveva scomparire. Non necessariamente dal mondo, ma di sicuro dal suo, dal mondo che conosceva e che lo conosceva, perché le condizioni della vita in quel mondo erano ormai compromesse, incancrenite dall’effetto di una mostruosità incomprensibile che gli toccava rinunciare a comprendere oppure affrontare tra le mura di un ospedale psichiatrico.”
In questo percorso accidentato e complesso intorno al concetto di identità, l’uso della terza persona conferisce alla narrazione il taglio dell’oggettività, immediatamente smentito dal succedersi degli eventi, sempre più intricati e inspiegabili. Il romanzo è un elaborato gioco di specchi nel quale la persona finisce col confondersi con la sua immagine riflessa, in un caleidoscopio di suggestioni e rimandi.
“Poi pensò che lo scopo non era tanto di farlo passare per pazzo, quanto di renderlo effettivamente pazzo e aspettare che venisse internato, o che si suicidasse.”
Il lettore sprofonda a poco a poco nelle atmosfere visionarie e paranoiche di Carrère, sforzandosi di capire, cercando risposte e terminando la lettura, nell’inatteso finale, con nuove domande.
IL VINO
Per esaltare il gusto di questa lettura, per contrasto, niente di meglio che un buon Borgogna Pinot Noir, vino francese – in omaggio alle origini dello scrittore – dal colore limpido e dalla struttura equilibrata.
I baffi, di Emmanuel Carrère, Adelphi, a cura di Sopra le righe..