“Il buio dentro” di Antonio Lanzetta: recensione libro

Damiano Valente è Lo Sciacallo, scrittore il cui grande talento è quello di trasformare i più efferati casi di cronaca in romanzi di successo. Quando viene ritrovato il corpo di una ragazza appeso ai rami di un vecchio salice però, Damiano non riesce a trasformare anche quell’omicidio in un grande romanzo. Perché trentuno anni prima, nel 1985, quando Damiano era solo un ragazzino, la sua grande amica Claudia era stata uccisa nello stesso identico modo.

Molte cose sono cambiate per lo Sciacallo in tutto quel tempo: un tragico incidente lo ha resto storpio e dipendente dalla morfina, la sua passione per la corsa è stata spezzata insieme alle sue ossa. Ma l’omicidio di Claudia lo logora ancora e il ritrovamento di quella ragazza morta trentuno anni dopo riapre una ferita che non si è mai rimarginata. Damiano è costretto a rivivere quel 1985 chiamando al suo fianco gli amici di allora, Flavio e Stefano.

Il buio dentro di Antonio Lanzetta

Ci sono tre cose che colpiscono in questo romanzo. La prima è l’ambientazione nel 1985: un sud stretto nella morsa di piccoli e grandi malavitosi. Un sud che conosciamo principalmente attraverso gli occhi di Flavio, ragazzo di Torino che si ritrova orfano e che viene preso in custodia dal nonno, Don Mimì, anima pura ma violenta del piccolo paese di Castellaccio.

La seconda è la scelta di sviluppare la storia su due binari paralleli, separati trentuno anni l’uno dall’altro. Il presente lo viviamo attraverso la vita spezzata di Damiano che conduce indagini serrate per stringere finalmente il cappio intorno al collo di un assassino libero da più di trent’anni. Il passato ci viene raccontato attraverso lo sguardo limpido ma furioso di Flavio. Attraverso gli insegnamenti di Don Mimì che cerca di preparare il nipote mostrandogli come convivere con il suo buio interiore. È ipnotico l’alternarsi tra passato e presente in una sorta di giostra dalle regole spietate: ciò che i ragazzi hanno vissuto nel passato si ripete nel futuro come se ci fosse un destino scritto dal quale è impossibile sfuggire.

Poi ci sono la sincerità e la verità che Lanzetta ha messo in questo romanzo, due pilastri che si amalgamano perfetti tra presente e passato. Castellaccio è una provincia violenta raccontata senza filtro. I quattro ragazzi, Flavio, Damiano, Stefano e Claudia riescono con la loro amicizia a imbrigliare il male che trasuda quella terra malavitosa e a trasformarlo in qualcosa di puro. Questo fino alla morte di Claudia, fino all’incidente di Damiano. Da lì in poi è come se il classico percorso di crescita dei ragazzi (penso a ‘Stand By Me’ o allo stesso ‘IT’), la maturazione che dovrebbe portarli a diventare uomini sia costretta a una drammatica battuta d’arresto, ribaltata in un gioco di chiaroscuri e di opposti.

La morte, il buio, il dolore, le ferite. I tre amici sopravvissuti rimangono congelati, gli viene impedito di crescere, di migliorare. Il buio germina dentro di loro per trentuno anni in attesa di una drammatica catarsi grazie alla quel poter, finalmente, voltare pagina. Arriverà?

Lanzetta racconta tutto questo attingendo a emozioni pure, tratteggiando la sua terra con il furioso amore di chi la conosce, senza fare sconti e senza mai ricorrere a stereotipi consumati.

Ecco perché ‘Il Buio Dentro’ è un romanzo che deve essere letto.

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“Il buio dentro” di Antonio Lanzetta, edizioni La Corte Editore. Rete Miceliale.

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