“Una cosa divertente che non farò mai più” di David Foster Wallace: un reportage caratterizzato da una felice e inattesa inventiva

Sono andato a cercare sul dizionario la definizione dell’aggettivo geniale e ho trovato questa dicitura: “caratterizzato da una felice o inattesa inventiva”. Felice o, anche se io aggiungerei e, inattesa inventiva, ovvero ciò che caratterizza esattamente questo saggio di David Foster Wallace, incaricato dalla rivista Harper’s di redigere un reportage su una crociera extralusso statunitense con destinazione Caraibi.

È così che inizia l’avventura dell’autore, che decide di imbarcarsi per vivere l’esperienza della crociera dall’interno ed elaborare il suo personale resoconto, che parte dall’analisi linguistica della brochure in cui viene presentato il viaggio fino ad arrivare a quella della routine da crociera che dura sette giorni di navigazione.

Faccio subito una precisazione: questa è una rilettura, perché lessi per la prima volta questo libro tanti anni fa e devo ammettere che il ricordo che avevo era piuttosto fuorviante. Perché sì, è vero, questo reportage è senza dubbio caratterizzato da un’ironia geniale (vedi sopra) ma in realtà la lucidità dell’autore, la perspicacia e l’attenzione che presta alle diverse sfumature dell’esperienza va ben oltre il semplice aspetto ludico/ricreativo. David Foster Wallace, infatti, analizza la crociera sia da un punto di vista puramente descrittivo che sociale e linguistico, disegnando un vero e proprio profilo dell’esperienza media che si può sperimentare su una crociera extralusso come la Nadir, una sorta di grande luna park costruito ad hoc dove il divertimento più che garantito diventa quasi obbligatorio, forse in alcuni casi anche meccanico.

Attività, divertimenti, momenti ricreativi, pasti, uscite, ore di sonno, soste, momenti di convivialità: è tutto organizzato alla perfezione e con ritmi serrati, per non lasciare mai spazi vuoti e per soddisfare in anticipo ogni possibile esigenza di ogni singolo passeggero. La crociera diventa così un’esperienza collettiva, dove il singolo esiste solo come ennesimo tassello del gruppo di cui fa parte: è la fiera dell’annullamento di ogni volontà e di ogni decisione personale nel nome di un divertimento omologato e studiato a tavolino per assolvere i desideri di tutti. Ci si muove all’unisono, in questo gigantesco micro mondo che solca i mari, all’interno del quale non esiste altra attività che affidarsi, o consegnarsi, totalmente alla compagnia di navigazione che, come recita appunto la brochure, si occuperà di tutto il necessario: “Mentre vi lascerete trasportare come una nuvola sull’acqua, il peso della vita quotidiana svanirà come per magia e vi sembrerà di galleggiare sopra un mare di sorrisi”. È così che si mette in moto la macchina del piacere, quella che deve spruzzare sulla moltitudine di passeggeri divertimento, sorrisi e relax preconfezionati e dozzinali, ma evidentemente efficaci per chi riesce agevolmente ad abbandonarsi alla totale inattività e a diluire il proprio essere nel grande calderone della massa fin quasi a scomparire.

“C’è qualcosa di inequivocabilmente capronesco in un turista americano che si muove all’interno di un gruppo. Hanno una certa flemma, avida. Anzi, abbiamo. Nel porto diventiamo automaticamente Peregrinatores Americani, Die Lumpenamerikaner. Gli orrendi. Per me, la caproscopofobia (terrore patologico di essere considerato un caprone) è una ragione persino più forte della semi agorafobia per decidere di restare sulla nave quando attacchiamo nel porto”.

Dunque sì, Una cosa divertente che non farò più di David Foster Wallace è senza dubbio una lettura piacevole e piena di umorismo ma, dall’altra parte, è anche un libro che crea inquietudine, in alcune parti anche tristezza, generata dall’idea della massificazione dei desideri, delle necessità, delle personalità che appaiono quasi totalmente appiattite, dall’azzeramento di ogni tipo di curiosità personale e individuale. Sarà che io personalmente non salirei su una crociera neanche se me la regalassero, ma questo libro per me è stata l’ennesima conferma della correttezza della mia rigida, rigidissima posizione verso questo tipo di attività.





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“Una cosa divertente che non farò mai più” di David Foster Wallace, edizioni minimum fax. Libri in Pillole.

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