“Stoner” di John Williams: recensione libro

William Stoner è il figlio di una famiglia di contadini che vive nel Missouri: dopo aver lavorato la terra insieme al padre a 19 anni si iscrive all’università e, affascinato da un sonetto di Shakespeare, decide di dedicarsi agli studi letterari, diventando così dopo la laurea professore nella stessa università in cui aveva studiato.

Nonostante la posizione lavorativa e il matrimonio con Edith, dal quale nascerà la figlia Grace, la vita di Stoner è infelice, piena di conflitti interiori, che lo portano ad avere una relazione extraconiugale con la studentessa Katherine e costanti contrasti con il capo dipartimento della sua facoltà.
Stoner è un uomo semplice, che vive nella mediocrità, che non si allontana dalla sua confort zone, ed è destinato a un’esistenza triste e ordinaria.

«Ma vedo chiaramente i risultati. Una guerra non solo uccide qualche migliaio, o qualche centinaio di migliaia di giovani. Uccide anche qualcosa dentro le persone, qualcosa che non si può più recuperare. E quando una persona attraversa molte guerre, ben presto si riduce come un bruto, come quella stessa creatura che noi – lei e io, e tutti quelli come noi – abbiamo sollevato dal fango». Fece una lunga pausa, poi accennò un sorriso. «Non si dovrebbe chiedere a un uomo di lettere di distruggere ciò che ha passato la vita a costruire».


Un romanzo che sorprende non tanto per la trama, che rispecchia la vita piatta del protagonista, quanto per l’intensità della narrazione, che coinvolge il lettore grazie all’abilità dell’autore, John Williams, di creare un personaggio vero, reale. William Stoner si può quasi toccare con mano e si compatisce ogni volta che dimostra la sua incapacità di sovvertire lo stato di infelicità nel quale si ritrova perennemente incagliato.

“Stoner” di John Williams, edizioni Fazi Editore. Libri in Pillole.

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