Ci sono due aspetti che mi piacciono molto della letteratura di Antonio Lanzetta: il primo è la notevole abilità dell’autore di costruire trame articolate ma mai artificiosamente complesse, che restituiscono al lettore una lettura vibrante e sempre molto difficile da anticipare. Non ha bisogno di appoggiarsi su intrecci ingarbugliati per creare i suoi labirinti letterari: perché con ordine, metodo e creatività riesce a dare struttura a narrazioni capaci di intrattenere e sorprendere. Il secondo aspetto è l’ambientazione delle storie, che si dipanano lungo la provincia cilentana, un territorio ricco di culture e folclore, che non si limita a fare da sfondo ai thriller di Lanzetta, bensì partecipa come fosse un personaggio aggiunto. Perché il Cilento è terra storica, piena di tradizioni e credenze popolari.
“Luna rosso sangue” di Antonio Lanzetta
In Luna rosso sangue non manca nessuno di questi ingredienti: siamo a Rocca, un piccolo paesino del Cilento circondato dalle montagne che, attraverso la vita dei suoi abitanti, diventa a suo modo protagonista della narrazione. Perché lì si concentrano esistenze che si toccano, si incrociano, si sovrappongono, si separano e si rincontrano, fino a creare un micro mondo fatto, a sua volta, di micro storie individuali che diventano collettive, perché inevitabilmente finiscono per coinvolgere l’intera comunità. Ed ecco allora che vita, morte, amore e amicizia confluiscono prepotentemente nello stesso spazio, e i misteri irrisolti del passato si allineano con quelli nuovi da risolvere: sparizioni improvvise, morti inaspettate, segreti e magie che, come nuvole nere, portano con sé pianto e dolore ma anche rabbia e voglia di riscatto, in un percorso che, benché costruito sulla sofferenza, diventa necessariamente di formazione e di crescita.
È così per Pietro e Toni, fratelli la cui vita ha cominciato a dissolversi nel momento della misteriosa morte del padre; per Rosa e Peppe, una coppia la cui esistenza è perennemente oscurata dall’ombra della morte; per Paolo e la famiglia Pappalardo, rispettivamente autorità e malavita, che si affrontano e confrontano su un territorio i cui confini sono ben delineati. Ma anche per gli altri abitanti di Rocca, che non possono sottrarsi dal confronto con quegli enigmi che, come avvoltoi, si aggirano sopra di loro disegnando cerchi concentrici.
“Amore. Morte. Sono cose così grandi che, quando te le trovi davanti, ti schiacciano. Vaste più del cielo, profonde più di qualsiasi mare. Ti colgono di sorpresa, ti spogliano di ogni maschera. Ti guardano dentro e ti costringono a specchiarti in loro. E tu se lì, nudo e umiliato, che ti chiedi chi te l’ha fatto fare a diventare un pezzo di merda di tale portata. Ma la risposta, in ogni caso è solo una. Tu. Soprattutto quando sembra sia tutta colpa degli altri, del mondo e del destino.. solo che non vogliamo ammetterlo”.
Ho detto che gli aspetti più rilevanti della letteratura di Lanzetta erano due, ma mentivo, perché ce n’è anche un terzo: la scrittura. È il terzo romanzo di Lanzetta che leggo e, ancora una volta, sono rimasto colpito dallo stile. Perché la penna dell’autore scivola fluida sulla pagina, e le parole diventano morbidi serpentoni che avvolgono e trascinano, quasi fisicamente, dentro la storia. E sembra, così, di camminare insieme ai personaggi, di incunearsi insieme a loro nelle oscurità della trama, di percepire ansie, timori e preoccupazioni, di condividere azioni e reazioni: perché è uno stile di scrittura su cui non è stato applicato il filtro della finzione, ma è autentico, diretto, reale e, a mio avviso, è lo strumento attraverso il quale si costruisce, pagina dopo pagina, il rapporto di empatia con i protagonisti della narrazione.
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“Luna rosso sangue” di Antonio Lanzetta, edizioni Newton Compton. Libri in Pillole.