Da tempo Alberto Moravia è entrato a far parte del ristretto gruppo dei miei autori preferiti. Perché più vado avanti nella lettura dei suoi libri e più mi rendo conto di come nei suoi romanzi ritrovi tutto ciò che cerco nella letteratura: innanzitutto l’invito a riflettere sul funzionamento e sulle sovrastrutture della società e delle relazioni sociali, con particolare attenzione al ruolo dell’individuo. Poi, una comunicazione, in forma scritta naturalmente, chiara, decisa, diretta, coraggiosa aggiungerei, che mi conquista da sempre: perché è uno stile che non mira a sedurre il lettore con inutili artifici retorici, ma arriva dritto al punto. Moravia, infatti, scrive come un cronista dell’epoca, riportando su carta ciò che vede senza filtri né orpelli, e ne scaturisce una scrittura pulita, schietta, che elimina il superfluo per colpire il centro del nostro pensiero, che deve mettersi obbligatoriamente in moto per ragionare su criticità sociali e temi esistenziali che vengono raccontati attraverso la letteratura.
La noia, pubblicato nel 1960, rappresenta alla perfezione tutto questo, perché è un romanzo incentrato sul profondo stato di crisi, morale ed esistenziale, in cui sprofondò la borghesia romana nel dopoguerra: una classe sociale sempre più sbiadita, alienata, incapace di stabilire un contatto autentico con la realtà, che appare sfocata, inconsistente, incompleta, priva di colori e significati.
È Dino il protagonista de La Noia, un pittore borghese che prova a fuggire dalle ricchezze di famiglia per ricostruire vita e identità in un piccolo studio di via Margutta: la sua esistenza è dominata dalla noia, intesa come malessere interiore costante che nasce dall’incapacità di afferrare e di comprendere la realtà che lo circonda:
“La noia per me è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà. […] Il sentimento della noia nasce in me da quello dell’assurdità di una realtà, come ho detto, insufficiente ossia incapace di persuadermi della propria effettiva esistenza”.
Il suo tentativo di sfuggire alla vita borghese per diventare un pittore bohémien non fa che amplificare la sua frattura con il mondo esterno, ma poi l’incontro con Cecilia, modella affascinante e al tempo stesso sfuggente, rompe il suo muro di indifferenza, per costruirne un altro, però, fatto di gelosie e ossessione. Perché Cecilia è l’opposto di Dino: una ragazza semplice, pragmatica, apparentemente immune dalle angosce esistenziali che tormentano l’uomo, ed è proprio questa differenza a scatenare in lui una gelosia feroce, non solo perché fiuta un possibile tradimento, quanto perché lei sembra indifferente a quel senso di fallimento e disillusione in cui lui sta lentamente sprofondando.
Ho trovato questo libro straordinario per diversi motivi: innanzitutto per il climax di angoscia crescente che accompagna la parabola di Dino, con la sua affannosa ricerca di un appiglio che lo salvi dalla noia. Un’angoscia che si percepisce pagina dopo pagina, che monta progressivamente fino a diventare quasi soffocante. Poi, perché Moravia costruisce magistralmente le molteplici sfaccettature del personaggio: il pittore fallito, l’amante incapace di afferrare la donna amata, il figlio che cerca di emanciparsi da una madre ricca che lo attira a sé e alla plastificata vita borghese, che tuttavia non soddisfa né allevia la sua condizione di estrema crisi. Questa evoluzione, o involuzione se vogliamo, viene narrata mediante un’analisi psicologica che definirei chirurgica, per la precisione con cui Moravia scava nelle fragilità e nelle contraddizioni del protagonista.
Infine, ma qui mi ripeto, per lo stile: Moravia racconta l’uomo, la sua mente, le sue elucubrazioni, le sue strategie, vincenti e perdenti, e lo fa in modo spietato, con una scrittura che non lascia spazio a fraintendimenti, ma che arriva talmente diretta da far credere quasi di vedere Dino nei suoi logoranti momenti di crisi esistenziale, di camminare con lui in questo percorso alla ricerca di una ipotetica salvezza che, tuttavia, appare sempre troppo lontana e sfuggente.
Ciò che colpisce, inoltre, è la modernità di quest’opera che, pur essendo stata pubblicata più di sessant’anni fa, conserva ancora oggi una sorprendente attualità: Moravia affronta infatti temi che restano profondamente contemporanei, come il rapporto problematico dell’uomo con la realtà, il prondondo senso di incomunicabilità con il mondo esterno e l’importante questione relativa al possesso, fisico e psicologico, all’interno delle relazioni di coppia, che diventano, di conseguenza, tossiche, usuranti e auto distruttive.
“La noia” di Alberto Moravia, edizioni Bompiani. Libri in Pillole.


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