“La metamorfosi” di Franz Kafka: l’isolamento del diverso

“Poiché lui non poteva essere compreso, non passava per la mente a nessuno, neppure alla sorella, che lui potesse capire gli altri”.

C’è un interrogativo che accompagna fin da subito la lettura de La metamorfosi di Kafka: perché? Perché Gregor Samsa una bella mattina si risveglia incastonato nel carapace di un insetto spaventoso come quello di uno scarafaggio anziché con sembianze umane? 

Ed è una domanda che progressivamente si fa più intensa, di pari passo con l’angoscia che cresce mentre si seguono i movimenti impacciati di Gregor Samsa che, inizialmente ignaro di tale trasformazione definitiva, tenta di aggrapparsi alle abitudini quotidiane per uscire fuori da questa sorta di incubo: alzarsi dal letto, recuperare il ritardo accumulato e correre più in fretta possibile per prendere il treno che lo porti a lavoro. 

Ma è piuttosto interessante il modo in cui la crescente necessità di trovare una risposta a questo interrogativo venga bilanciata dalla successiva reazione dello stesso Gregor Samsa, che non si sofferma a chiedersi il perché di questa metamorfosi, né si preoccupa più di tanto del suo nuovo aspetto fisico, bensì inizia a concentrare gli sforzi per capire come adattarsi a questa nuova realtà sconosciuta, come adeguarsi a una nuova vita che, senza preavviso, lo ha privato di ogni punto di riferimento, estromettendolo dalle dinamiche sociali conosciute. 

Tuttavia, non sempre gli sforzi profusi risultano sufficienti, soprattutto quando davanti a sé si erge un muro invalicabile: quello dell’incomunicabilità. Gregor Samsa, infatti, un perfetto prototipo di lavoratore instancabile, si ritrova improvvisamente incapace di svolgere anche le più semplici mansioni quotidiane, come camminare, parlare e, soprattutto, lavorare. Ed è qui che le crepe iniziano a diventare voragini, nel momento in cui l’incapacità di soddisfare le aspettative della sua famiglia e della società inizia a diventare irreversibile, aspetto che porterà Gregor Samsa a sperimentare un senso di isolamento e di alienazione proprio a partire da quello spazio accogliente che da sempre era stato sinonimo di rifugio: il proprio ambiente domestico.

La metamorfosi di Kafka è un racconto lungo piuttosto interessante, per diversi motivi: perché attraverso una trama apparentemente semplice riesce a esplorare con grande profondità il conflitto tra individuo e collettività, tra rappresentazione (degli altri) e auto rappresentazione, puntando il dito anche sulla fragilità delle relazioni umane di fronte a circostanze estreme che si palesano all’improvviso. E tocca anche, con grande efficacia, la questione dell’identità e dell’utilità sociale, estremamente legate l’una all’altra in un contesto che, una volta persa la seconda, emargina e rimuove in quanto superfluo, inutile e non conforme a ciò che è richiesto. 

 


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“La metamorfosi” di Franz Kafka, edizioni Rizzoli Bur. Libri in Pillole.

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