“La festa nera” di Violetta Bellocchio: recensione libro

La festa nera, di Violetta Bellocchio, è ambientato in un’Italia del futuro, dove in un paesaggio post apocalittico a dominare è la desolazione. Tre reporter, due ragazze e un ragazzo, decidono di filmare ciò che succede in cinque comunità all’interno delle quali i rispettivi membri hanno deciso di vivere la vita in maniera, diciamo, alternativa.

Poi torna dove dormi, butta tutto in lavatrice, prendi una pastiglia e comincia a lavorare sulla prossima storia, perché non interessa a nessuno quanto eri bravi l’anno scorso. E nessuno sarà gentile con te, se una volta hai saputo portare a casa una storia, passato prossimo. L’unica storia che conta la devi ancora raccontare.

Un romanzo che, dopo le prime pagine, obbliga il lettore a trovare la chiave giusta per riuscire ad agganciarsi alla struttura del testo saggiamente costruito dall’autrice che, con uno stile asciutto, diretto, molto incisivo, non si limita a raccontare la storia e a presentare i protagonisti ma invita il lettore a camminare insieme a loro, per scoprirli gradualmente pagina dopo pagina.

“Nessuna vita è bella come sembra, nessuna vita è brutta come sembra: c’è una crepa in ogni singola cosa. Cercala, infilaci due dita e guarda la luce che entra. Segui quella luce fino a quando non senti di aver toccato il fondo”.

“La festa nera” di Violetta Bellocchio, edizioni Chiarelettere. Libri in Pillole.

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