Siamo a Brooklyn, nel quartiere di Gravesend, luogo dove risiede la comunità italoamericana. Ed è qui che si muovono i protagonisti del libro di William Boyle, un romanzo che pone al centro della narrazione la vita di quartiere, la sete di vendetta ma soprattutto l’inevitabile perpetua sconfitta dei suoi abitanti che non possono sottrarsi all’inesorabilità del loro destino.
Il ritorno a Gravesend
Dopo sedici anni di reclusione per omicidio Ray Boy torna a Gravesend, quartiere dove da giovane era il leader indiscusso: ad attenderlo però c’è Conway, il fratello della vittima, che medita vendetta per riscattare la sua vita mediocre. Non è l’unico ritorno a casa: la morte della madre riporta nello stesso quartiere anche Alessandra, un’attrice che non ha avuto molta fortuna a Los Angeles e che, nonostante la monotonia di Gravesend e la volontà di affermarsi nel mondo del cinema, rimane inevitabilmente invischiata nelle dinamiche della vita del suo quartiere di origine. E poi c’è Eugene, un ragazzino di sedici anni, nipote di Ray Boy, zoppo, che prova a ribellarsi al piattume familiare tentando di costruirsi una reputazione da duro. Quattro personaggi le cui vite sono destinate a incrociarsi.
Gravesend è un romanzo diretto, asciutto, oserei dire anche avvolgente. Perché si percepisce e si avverte il disagio di ogni singolo personaggio che anima la narrazione, si percepisce il dolore, la sofferenza ma si avverte anche quel fastidio che deriva dall’incapacità di rendere reversibile il destino. Il quartiere di Gravesend, infatti, è popolato da persone grigie, tetre, impolverate, perdenti: persone che hanno voglia di lottare, che sono alla ricerca del riscatto ma che tuttavia rimangono costantemente impantanate in quel fango dal quale vorrebbero uscire ma che sono loro stesse a produrre. Fango che identifica la mediocrità della vita di Gravesend, e che in un certo senso sarà proprio l’elemento che unirà i destini dei quattro protagonisti.
“Gravesend” di William Boyle, edizioni Miminum Fax. Libri in Pillole.